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Era ora: la Lombardia candiderà il panettone a patrimonio Unesco

Il panettone, orgoglio dei milanesi, potrebbe presto entrare nel Patrimonio immateriale dell'umanità Unesco, grazie alla candidatura che Regione Lombardia si appresta a presentare

L’abbiamo sempre pensato: il panettone dovrebbe essere celebrato molto più spesso, santificato. Dovrebbe avere una statua in centro, una via a lui dedicata. Anzi: ma perché lo mangiamo solo a Natale? Mica si capisce ‘sta cosa. Comunque, il nostro amato dolce milanese potrebbe presto diventare molto più di un simbolo di Milano e del Natale, ma addirittura Patrimonio immateriale dell’umanità Unesco. Top.

Fabio Rolfi, assessore regionale all’alimentazione, ha annunciato che la Regione Lombardia ha deciso di candidare il panettone a essere patrimonio dell’umanità riconosciuto dall’Unesco, in occasione della finale italiana della Coppa del mondo di panettone che si è tenuta sabato 20 a palazzo Bovara, Corso Venezia. “È un prodotto che rappresenta Milano, la Lombardia e l’Italia nel mondo”, ha detto giustamente il Rolfi. 

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Il panetùn “è il risultato di una forma d’arte che si tramanda da secoli e che è conservata e valorizzata dai nostri maestri pasticcieri che saranno ambasciatori straordinari di questa candidatura. Abbiamo già avviato interlocuzioni – ha spiegato l’assessore – con le associazioni di categoria e con gli altri enti istituzionali. C’è unità di intenti per dare la giusta valorizzazione a un simbolo del nostro territorio”. E poi ancora “crediamo che l’arte artigianale con cui viene realizzato meriti un riconoscimento mondiale”.

Che storia, eh? E tutto è cominciato, secondo una delle leggende che circondano questo dolce, da un errore, pensa te. Già, perché il cuoco al servizio di Ludovico il Moro (parliamo della fine del 1400) bruciò il dolce che aveva preparato per il pranzo di Natale a cui erano stati invitati molti nobili del circondario. A quel punto intervenne uno sguattero, Tógn (Antonio in milanese), che propose di portare in tavola un dolce che aveva realizzato la mattina con quanto rimasto in dispensa: farina, burro, uova, della scorza di cedro e qualche uvetta. Inutile dire che tutti furono entusiasti e al duca, che voleva conoscere il nome di quella prelibatezza, il cuoco rivelò il segreto: “L’è ‘l pan del Tógn”. Da allora è il pane di Tógn, ossia il panettone. Bella storia, no? E chissà che presto non la conoscerà tutta l’umanità.

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