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Lo facciamo ovunque, continuamente. Prima di andare a dormire, quando ci svegliamo, in metro, a tavola, sul cesso, in coda. Pure mentre camminiamo. Piuttosto che stare con i nostri pensieri, prendiamo lo smartphone e via di scrollate. Facebook, Instagram, TikTok, giornali vari, siti a caso. Sfogliamo, scrolliamo, leggiamo, e intanto ci passano davanti notizie di merda, anche perché visto il periodo non potrebbe essere altrimenti. Questa azione ha un nome, si chiama doomscrolling. Cioè scorrere sul proprio smartphone le bad news.

Un inglesismo che unisce il termine doom che vuol dire sventura e scrolling che indica lo scorrere verso il basso le bacheche dei social. Stiamo sempre lì con gli occhi bruciati dalle notizie deprimenti, e intanto il tempo passa e manco ce ne accorgiamo. Oh, lo dice un professorone quindi dobbiamo crederci. Jeffrey Hall, docente di studi sulla comunicazione presso l'Università del Kansas a Lawrence, ha trascorso oltre 10 anni a studiare l'uso della tecnologia in combinazione con le relazioni, quindi sa di cosa parla.

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Secondo il signor Hall fare doomscrolling farebbe perdere la percezione del tempo alle persone. Noi siamo convinti di essere lì da dieci minuti e invece è passata un'ora. Tempo che avremmo potuto trascorrere leggendo, facendo sport, giocando, guardando un film, amoreggiando. E invece niente, restiamo come imbrigliati in un vortice di notizie negative dal quale non riusciamo a liberarci. Si chiama pregiudizio di negatività, ed è la tendenza non solo a registrare più rapidamente gli stimoli negativi, ma anche a soffermarci su questi eventi.

Di pareri sulla questione ne sono spuntati a palate. La docente di psicologia clinica Mary McNaughton-Cassill, sul Wall Street Journal, ha collegato il doomscrolling al bisogno innato dell’uomo di cercare le minacce. Che poi, a causa degli algoritmi dei social, più notizie deprimenti leggiamo, più ne scoviamo. E allora facciamo così, proviamo a leggere più spesso di cagnolini felici, di gente che ha fatto cose belle, di fatturati clamorosi. O magari leggete solo noi del Milanese, che è meglio.

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