Pubblicare le foto dei propri figli sui social; coinvolgere i nani nelle Stories, aprire addirittura un profilo per loro, per pubblicare esclusivamente gli scatti che li riguardano. Tutto questo si chiama sharenting, un neologismo anglofono che mixa i vocaboli to share (condividere) e parenting (essere genitori). Come si evince, indica la tendenza, sempre più diffusa, a condividere video e foto dei propri figli sui social. Ferragnez docet.
Con la moltiplicazione dei social network e l'esigenza sempre più viscerale di esserci virtualmente, si sta via via riducendo la necessità di tutelare i propri pargoli dai pericoli del web. Ma sembra stia venendo meno pure il desiderio di vivere la propria famiglia nella vita reale, senza necessariamente far sapere ogni secondo a centinaia di sconosciuti che il bambino ha parlato/giocato/vomitato/ per la prima volta. Per gli appartenenti alla Generazione Alpha, circoscritta fra gli anni '10 e gli anni '20 del 2000, forse sarà perfettamente normale che nel web esistano foto e video della loro infanzia, così come per noi della Generazione X e Y è normale trovare foto sbiadite in polverosi album fotografici.
Peccato però che gli album siano chiusi in un angolino, in casa. Le foto e i video diffusi dai genitori di oggi sul web, invece, lì resteranno. ForevAH. Giusto? Sbagliato? Conseguenza del progresso? Difficile dirlo senza sembrare dei vecchi borbottoni. La professoressa Stacey Steinberg dell’Università della Florida, in una dichiarazione rilasciata al sito Al Jazeera, ha sottolineato che "Tra trent’anni la tecnologia di riconoscimento facciale potrebbe esistere per accoppiare l’immagine di un bambino nudo con quella di un CEO, per esempio". Un bel po' imbarazzante.
Che il fenomeno dello sharenting sia in crescita è un dato di fatto. Secondo uno studio della Northumbria University, il fenomeno nel Regno Unito ha riguardato il 42% dei genitori. Un genitore posta in media 1.500 foto del proprio figlio prima che compia 5 anni e oltre l'80% dei bambini di 2 anni è online. Fa un po' impressione, no? Insomma, senza scomodare il solito Ai miei tempi si stava meglio, bisogna però riflettere sul rischio che un bambino costruisca un’identità digitale ancora prima di quella reale. Una volta cresciuti non è detto che siano felici di ritrovare infinite testimonianze della loro fanciullezza su Internet, alla portata di tutti. O magari per loro sarà una cosa normalissima, visto che in questo mondo digitale ci sono nati.
Ma poi, onestamente, che bisogno c'è di condividere mille foto del proprio nano mentre gioca, corre, piange, ride, mangia, dorme? Cioè, saranno pure un po' cazzi suoi, no? Anche perché risulta evidente che, al di là di voler condividere qualche immagine per farla vedere ad amici e parenti lontani, nello spasmodico bisogno di gettare il pupo in pasto ai social c'è un'indiscutibile spinta narcisistica. Si cercano i like e i commenti facili, insomma. E l'approvazione social, si sa, può creare dipendenza.
Ora, senza entrare troppo in paranoia (per carità) occorre però tenere presenti i rischi legati al furto di immagini, alla diffusione delle foto in giri inquietanti e alle maggiori possibilità di adescamenti online. Tutte cose brutte. Ecco allora cinque consigli utili per affrontare lo sharenting nel migliore dei modi, come riportato da Save The Children:
. Conoscere le politiche sulla privacy degli ambienti digitali in cui si condividono immagini e contenuti; verificare (e aggiornare spesso) le impostazioni di privacy dei propri profili social e scegliere con chi condividere le immagini; impostare notifiche per essere avvisati quando il nome dei propri figli/e appare nei motori di ricerca (ad esempio, con Google Alert);
. Tutelare il più possibile l’immagine online dei propri figli/e, distinguendo tra immagini private e immagini rese pubbliche, cercando ad esempio di condividere online foto che non ritraggano direttamente il volto o che lo oscurino ed evitare di pubblicare online le immagini intime, come ad esempio quelle del bagnetto, che possono essere destinate invece a un uso privato.
. Non condividere minuziosamente passioni, abitudini quotidiane e informazioni personali dei propri figli/e.
. Parlarne costantemente con genitori, amici e parenti: concordare insieme che uso si può fare delle immagini che ritraggono bambini e bambine, sia quando vengono condivise, sia quando vengono realizzate in momenti di convivialità (ad es. Feste di compleanno).
. Se sono più grandi chiedere sempre il consenso ai propri figli/e, facendo occasione di comunicazione, relazione e educazione digitale.
Che ne pensate, Imbruttiti?
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