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Impiegata cade in pausa caffè, per la Cassazione non è infortunio sul lavoro

Una sentenza ha accolto il ricorso dell’Inail contro un’impiegata alla quale era stata riconosciuta tutela assicurativa per essersi procurata un trauma al polso mentre lasciava l’ufficio per andare a bere un caffé

Se vi fate male in pausa caffé, non pensateci proprio a dare la colpa all’azienda. Non è infortunio sul lavoro. Oh, ambasciator non porta pena eh: lo ha stabilito la Cassazione. 

Proprio così. Una sentenza del 9 novembre ha accolto il ricorso dell’Inail contro un’impiegata della procura di Firenze, alla quale era stata riconosciuta tutela assicurativa per essersi procurata un trauma al polso mentre, su autorizzazione del suo capo, lasciava l’ufficio per andare a bere un caffettino al bar con due colleghe. Una vecchia storia risalente al 2010 (figa la lentezza però). Recap: prima il ribunale e la Corte d’appello di Firenze accolgono il ricorso della lavoratrice, osservando che la pausa “Era stata autorizzata dal datore di lavoro” e che “Era assente il servizio bar all’interno dell’ufficio”. L’impiegata ottiene dall’Inail l’indennità di malattia assoluta temporanea, oltre all’indennizzo per danno permanente del 10% dopo la caduta per strada. Poi però arriva la Cassazione e ribalta il risultato.

“Non possono essere ravvisati nell’esigenza, pur apprezzabile, di prendere un caffè i caratteri del necessario bisogno fisiologico che avrebbero consentito di mantenere la stretta connessione con l’attività lavorativa”. Della serie, il caffé non è necessario quanto, ad esempio, andare al bagno. Quindi “È da escludere l’indennizzabilità dell’infortunio subito dalla lavoratrice durante la pausa al di fuori dall’ufficio giudiziario ove prestava la propria attività e lungo il percorso seguito per andare al bar a prendere un caffè”, poiché “La lavoratrice, allontanandosi dall’ufficio per raggiungere un vicino pubblico esercizio, si è volontariamente esposta a un rischio non necessariamente connesso all’attività lavorativa per il soddisfacimento di un bisogno certamente procrastinabile e non impellente, interrompendo così la necessaria connessione causale tra attività lavorativa e incidente”. Della serie: vuoi prendere il caffé? Ok, ma a tuo rischio e pericolo.

Oltre al danno, la beffa. Ora la sciura dovrà pagare 5.300 euro di spese legali. Giusto? Sbagliato? L’è inscì.

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