Imbruttiti, mai come in questo periodo dell'anno siamo bersagliati da pubblicità di giocattoli. Bambole, macchinine, dinosauri, costruzioni, cucine baby, peluches e un'infinità di altre cazz...ehm, dolci idee natalizie. Se avete figli o fratellini, già sapete. Gli spot, in genere, sono più o meno simili: per le bambole e le Barbie, le protagoniste sono graziose bimbe vestite di rosa o lilla; in quelli di macchine e mostriciattoli, maschietti in blu, o al massimo verde. Si generalizza eh, però in media è così. Ebbene, la Spagna in questi giorni ha detto stop: basta stereotipi di genere nelle pubblicità di giocattoli.
Gli amici iberici, infatti, hanno approvato un codice deontologico per la pubblicità dei giocattoli, che vuole combattere le discriminazioni di genere sin dall’infanzia. Una roba bella precisa, snocciolata in ben 64 punti che definiscono quali sarebbero le condotte e le pratiche pubblicitarie da adottare nella comunicazione verso i nani. Da evitare, per esempio, qualsiasi situa che associ (esplicitamente o implicitamente) un giocattolo a un preciso sesso. Quindi bambola-bambina? Macchina-bambino? Giammai, tutto va reso più inclusivo. Va da sé che la combo rosa-femmina o azzurro-maschio va evitata come la peste, almeno da chi ha intenzione di lavorare come pubblicitario in Spagna. La norma, voluta dal ministro spagnolo delle Imprese Alberto Garzón, chiede inoltre che il linguaggio delle pubblicità si rivolga a tutti senza distinzione di genere. Una regolamentazione non sessista, pensata per "evitare che i bambini, soprattutto quelli nella fascia 0-7 anni, crescano riproducendo ruoli imposti", ha spiegato il ministro.
L’esecutivo ha inoltre deciso che sarà vietato attribuire nelle pubblicità connotazioni che possono sessualizzare l’immagine delle minorenni, cosa che ci sembra molto sensata. Ma sicuramente la cosa più interessante (e chiacchierata) della norma riguarda il divieto di associare giochi che consistono nello svolgere ruoli come la cura, il lavoro domestico o la bellezza esclusivamente alle bambine, e di conseguenza evitare di rappresentare come di gusto maschile l’attività di pilota di auto e moto, di poliziotto, di militare e simili. Nel nuovo codice di autoregolamentazione pubblicitario sono state anche incluse raccomandazioni a sostegno dell’integrazione nelle pubblicità di bambini di altre etnie, così come di bambini diversamente abili: un'attenzione che, a onor del vero, in molte pubblicità già si nota.
Ma cosa ne pensano i pubblicitari italiani? Ci sono punti di vista diversi. "È assurdo pensare di poter vietare nella comunicazione riferimenti o richiami rispetto al sesso del fruitore della pubblicità stessa, che nelle primissime fasce di età è il genitore", ha detto il pubblicitario milanese Cesare Casiraghi, come riportato dalla Stampa. "E a lui dovrebbe essere preservata la potestà di educare i figli. L’inclusione è un tema molto importante, tirarlo per i capelli sino a normare se io pubblicitario o azienda possa o meno utilizzare il rosa o l'azzurro o una voce femminile o maschile nello spot, lo banalizza o lo forza a sovrastrutture innaturali perché imposte". Ma c'è chi la pensa diversamente.
"Le discriminazioni e gli stereotipi di genere si formano già in età precoce ed è corretto che già nei primi anni di vita dei bambini si intervenga per evitare la classica stereotipizzazione che vede la bambola come giocattolo per le bambine e i robot per i bambini" ha commentato Marianna Ghirlanda, presidente di IAA Italy – International Advertising Association, l’associazione dei pubblicitari internazionali, come riportato da Touch Point. "Un codice di condotta andrebbe adottato non solo per l’advertising ma per tutta la filiera produttiva dei giocattoli, perché se è giusto che i giocattoli negli spot siano presentati come gender free, è altrettanto giusto che i prodotti stessi siano realizzati nello stesso modo".
Una questione complessa, ci rendiamo conto. Che ne pensate Imbruttiti?
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