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Il risotto è una delle specialità del Nord Italia, uno dei piatti lombardi di cui andiamo più fieri. Uno dei nostri simboli, toh, come la pizza per i napoletani. Ecco perché viene spontaneo drizzare le antenne quando si parla di riso, o meglio: della sua assenza. Già, perché mentre noi stiamo qui a gongolarci delle temperature primaverili di questi giorni, quelli attenti alle questioni climatiche hanno di sicuro notato che abbiamo un bel problema con la pioggia. Che non si vede, e se si vede è comunque poca. Come rilevato da uno studio recente, la scarsità di piogge nel Nord Italia è stata aggravata dal cambiamento climatico. Ve lo dicevamo, no, che abbiamo un bel problema?

Lo studio è stato realizzato da due ricercatori del Centre national de la recherche scientifique (CNRS) e pubblicato il 28 febbraio dalla rivista Environmental Research Letters ed è servito per accertare ufficialmente che questa assenza di piogge dipende proprio dal climate change. Una certezza che ci porta a temere che la situazione avrà una difficile risoluzione. E se l'acqua è poca, come facciamo a coltivare il riso, che per crescere ha bisogno di tanta acqua? Forse non lo sapete, ma la Lombardia è la regione nella quale si trova il 40% delle risaie italiane, specialmente in Lomellina. Già a settembre 2022 in alcune zone (tipo proprio la bassa Lomellina) la mietitura del riso ha subito perdite pari al 90%, specialmente nelle risaie più lontane a corsi d'acqua.

La situazione, adesso, pare possa solo peggiorare. Roberto Perotti, presidente dell’Ordine dei geologi della Lombardia, ha fatto sapere in una nota che "a problematica dell’ingressione del cuneo salino al delta del Po, che lo scorso anno aveva visto un arretramento di 40 chilometri, quest’anno potrebbe avere maggiori criticità". Non benissimo. Il Perotti ha spiegato che "la siccità dello scorso anno e la scarsa ricarica invernale dettata da nevicate e piogge, porterà inevitabilmente a uno stato di allertamento per l’anno in corso".

E così, a causa dell siccità, Coldiretti ha fatto sapere che quest'anno verranno coltivati in Italia quasi 8mila ettari di riso in meno, per un totale di appena 211mila ettari. Ai minimi da trenta anni eh, rendiamoci conto. Al di là della nostra esigenza (comunque importante eh) di ordinare un bel risottino alla milanese al restaurant, il problema economico (oltre che ambientale) è notevole. L'Italia è il primo fornitore di riso dell'Unione Europea con 1,5 milioni di tonnellate all’anno, cioè metà dell’intera produzione. E insomma, che si fa? Per Perrotti per evitare di "incorrere in problematiche analoghe a quelle dello scorso anno, è necessario un intervento programmato e coordinato, anche e soprattutto sul lungo periodo; quantomeno per cercare di evitare di trovarsi ogni anno con il medesimo problema, se non peggiore rispetto all’anno precedente".

Sicuramente tocca adattare il lavoro agricolo all'emergenza siccità. Molti agricoltori, ad esempio, hanno deciso di sostituire il riso con la coltivazione di cereali tipo orzo e soia, che richiedono meno acqua. Anche perché si prevede un'estate caliente, e molto asciutta. A confermarlo è Valeria Chinaglia, direttrice generale del Consorzio bonifica Est Ticino Villoresi, ente che distribuisce le acque ad agricoltori e parchi naturali attraverso la rete di canali che amministra. "La soluzione più concreta ed efficace, in prospettiva, è investire nella manutenzione e nel miglioramento delle reti idriche". Raga, pare quindi che nell'immediato si possa fare ben poco. La produzione di riso è destinata a ridursi ancora e - senza saper né leggere né scrivere - noi un po' di scorta nella credenza per i tempi bui ce le facciamo. O possiamo davvero rinunciare al risotto?

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