Milano e Roma non sono mai state così vicine, almeno in Termini di trasporti. Con un treno che non fa più ciuf ciuf e che va più veloce di una Ferrari in meno di tre ore da Centrale possiamo arrivare facili facili sino al centro dell'Urbe. Capita così che, in un giorno di primavera, con la mia dolce metà siamo saliti in carrozza per davvero e ci siamo accomodati su dei comodi sedili. I biglietti presi in promo da mostrare orgogliosi al train manager attraverso lo schermo di un telefonino. TAAC!
Nemmeno il tempo di finire di sfogliare la Gazza e siamo già arrivati. In realtà lo sbarco nella Capitale non è proprio avvenuto in pompa magna come un ignaro turista straniero potrebbe pensare guardando lo spot della campagna pubblicitaria Open to Meraviglia. Un sacco di persone, code infinite ai taxi, personaggi border line che giocano a carte su un marciapiede. Insomma, il disagio. Decidiamo di prendere la metro con i nostri bagagli. Cantieri a più non posso, le scale mobili tutte guaste (tempistica di ripristino stimata...non è dato saperlo). Tempo zero e io comincio a ribollire sulla banchina, anche perché la prossima metro deve sempre passare tra quattro minuti e ne sono trascorsi ormai dieci; queste cose a Milano non sarebbero mai successe! Inizio la solita solfa sull'efficienza dei trasporti meneghini, ad alta voce per farmi sentire dagli indigeni che mi guardano come se fossi un pirla. Quanti ne devono avere sentiti di sclerati come me...
Già perché quando un Imbruttito arriva a Roma pensa di aver di fronte un popolo di burini da civilizzare, invece è proprio sui sette colli che è nata la civiltà italica per come la conosciamo oggi. Dall'alto della nostra (presunta) superiorità morale vogliamo pontificare ignorando che il Pontefice, quello vero, alla fine non si sposta da qui per venire a dire Messa in Duomo. Anzi, dentro la Basilica di San Pietro c'è proprio una tacca che sta lì a dimostrare che El Domm è solo un sottoinsieme di qualcosa di più grande e in grado di avvolgerlo, la più grande chiesa del mondo. Così mi trovo dopo un po' a passeggiare per strade dove per il lavaggio bisogna attendere la pioggia che pare non si faccia viva da un po'. Le mie sneakers bianche, prese per poter camminare comodo, diventano vissute in pochi passi. Anzi no, sono proprio zozze. Dove passano a raccogliere la monnezza esiste un concetto creativo di raccolta differenziata però poi capita che giri di sera, quando c'è meno gente, e ti trovi di fronte questo spettacolo...
La Grande Bellezza è guardare la fontana di Trevi e poi andare la mattina dopo a visitare Cinecittà, lungo la via Tuscolana. Lì abbiamo doppiato per gioco la celebre scena della Dolce Vita con Anita Ekberg che fa il bagno proprio nella fontana e invita Marcello Mastroianni a raggiungerla (ora a farlo per davvero forse si finirebbe a Regina Coeli, il "San Vittore" romano). Ancora, la vera meraviglia è andare a letto poco dopo aver ammirato la scalinata di Trinità dei Monti in Piazza di Spagna e ritrovarla la mattina dopo piena di piante che fioriranno durante la bella stagione. Roma è il Cupolone, entrare ai Musei Vaticani senza chiamarsi Ferragnez che vuol dire sciropparsi una folla senza senso per arrivare infine a lei, la Cappella Sistina. Il suo Giudizio Universale attraverso il quale Michelangelo ricorda a tutti noi comuni mortali quanto siamo piccoli, minuscoli, insignificanti. No photo please!
Ancora è salire in cima a Castel Sant'Angelo in un giorno di sole, è stupirsi perchè sulla centralissima via del Corso si affaccia una chiesa in suffragio dei lombardi residenti a Roma intitolata ai Santi Ambrogio e Carlo. Essere dentro il Grande Raccordo Anulare significa anche un po' catapultarsi al centro del nostro (piccolo) mondo. Trovarsi per caso ad aspettare che spiova dentro un bar vicino a Montecitorio e sentirsi un po' Lilli Gruber in una puntata di Otto e mezzo, tra volti più o meno noti della politica nazionale. Origliare giusto un pochetto i loro discorsi, non capirci una beata mazza, ma forse comprendere il perchè da noi, a Milano, il Parlamento italiano non c'è mai stato. Il concetto bipartisan di volemose bene ci avvolge.
Dopo decine di butta dentro che provano a farci sedere in ristoranti turistici pasta, pizza e conticino ci ritroviamo dalle parti di Largo di Torre Argentina, non distante da quello che fu il ghetto ebraico. Categorico ordinare il classicone di stagione, sua maestà il carciofo alla giudia! Fritto, croccante, gustoso, ti fa dimenticare i 20k passi giornalieri in giro per la Città Eterna. Un altro indirizzo per magna' da segnare, poco distante dal Vaticano ma lontano dal connesso bordello, piatti tipici romani all'Antico Falcone di via Trionfale, giusto per non fare nomi. Qui veniamo accolti con gentilezza e gli altri clienti, taluni sembrano degli habituée, scambiano pure qualche battuta con gli sconosciuti come noi. Pranzo TOP con carbonara e saltimbocca alla romana da urlo. Il tutto innaffiato da un ottimo Cesanese del Piglio, vino rosso laziale quasi del tutto sconosciuto dentro la Cerchia.
Insomma, pure noi siamo stati stregati dal Ponentino, quel venticello che ha un non so che di mitologico visto che non si sa nemmeno se soffi ancora, però fa innamorare l'umanità intera di Roma, nonostante tutto. Perchè bella Roma ma non ci vivrei, la cosa migliore di Roma è il treno per Milano però se la Bocca della Verità potesse parlare direbbe che dentro alla Circonvalla un check alle offerte dei treni si fa sempre. D'altronde, bastano meno di tre ore e un paio di scarpe comode, meglio se già vissute.
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