Pensateci un attimo: non riusciamo mai a beccarci con gli amici e con le amiche perché, figa, abbiamo sempre troppe menate da risolvere. Sapete com'è: il lavoro, i figli, i compagni, incombenze varie. Io sono portatrice sana di impegni, ma anche attorno a me la gente non scherza, eh. Caffettino domani? No guarda, devo passare in farmacia-andare ad un compleanno-uscire col partner-passare in banca-ho la gita fuori porta-devo finire una roba di lavoro. La cosa fastidiosa, è che questi punti della To Do List sembrano sempre di vitale importanza, mai rimandabili, mai sostituibili con un momento di relax e chiacchiere. Forse non ci si vuol bene? Forse non ci si vuol vedere e si accampano scuse? Può essere, ma molto più probabilmente siamo vittime del busy bragging. Solito termine inglese figo per raccontare una tendenza che figa non è: vantarsi di avere un sacco di impegni.
Cazzo te la meni? Sei felice di non avere una vita?
Oh, lo dico a tutti e a nessuno eh, pure a me stessa che alle volte mi faccio risucchiare da un vortige di attività non sempre davvero necessarie. Il busy bragging è un "fenomeno" molto milanese, perché qui - in particolare - vige ancora la regola non scritta che se sei impegnatissimo allora sei meritevole di stima. E gli stessi che si lamentano, sbuffando, di non riuscire ad incrociare le agende perché hanno troppo da fare, in realtà sono intimamente fierissimi di questa vita full. Eh sì perché, per quanto le cose stiano effettivamente cambiando, e le nuove generazioni si stiano svincolando da una vita tutta di corsa, viviamo ancora in una società dominata dalla cultura del super lavoro. Gli stessi boss si lamentano se alle 18 esci puntualmente dall'office, ma se invece fai spontaneamente qualche straordinario non pagato dimostrano di apprezzare. E se invece - in maniera sana e del tutto legittima - cerchi di rallentare, facendo talvolta il minimo indispensabile, una parte di mondo continuerà a vederti come un cazzaro pigrone svogliato.
E così lamentarsi delle proprie giornate piene è diventato, per alcuni, un segno di status sociale. Ovviamente non parliamo di attività necessarie alla sopravvivenza, ma piuttosto di quelle associata a una vita di privilegi materiali. C'è da dire che la maggior parte di noi non si vanta consapevolmente, per impressionare gli altri. Quelle sensazioni di saturazione sono assolutamente reali, le proviamo, le sentiamo. Ma non riusciamo ad evitarlo. Uno studio di qualche anno fa della Columbia Business School ha spiegato che definirsi "occupati" significa in realtà dire a se stessi e agli altri "sono importante". Per giungere a questa conclusione, il gruppo di ricerca ha condotto una serie di esperimenti in cui ha chiesto ai volontari di valutare lo status di individui immaginari partendo da brevi descrizioni. E così è venuto fuori che tutto ciò che indicava che la persona fosse estremamente impegnata - perché affermava di avere un programma molto pieno - era collegato a stime più elevate.
Come cambiano i tempi, eh? Solo qualche secolo fa, tra gli aristocratici, non fare assolutamente una sega per tutta la vita era la massima affermazione di potere e status. Cosa è cambiato? "Riteniamo che il passaggio dallo status di svago allo status di attività possa essere collegato allo sviluppo di economie ad alta intensità di conoscenza - hanno spiegato i doc - In tali economie, gli individui che possiedono le caratteristiche del capitale umano apprezzate dai datori di lavoro o dai clienti si prevede che avranno una domanda elevata. Pertanto, dicendo agli altri che siamo occupati e lavoriamo tutto il tempo, stiamo implicitamente suggerendo che siamo ricercati, il che migliora il nostro status percepito". Gli esperti hanno anche scoperto che il credo "Il duro lavoro porta al successo" è ancora molto saldo, e questo naturalmente ci fa comportare di conseguenza. Ci vorrà tempo, ma dai segnali che arrivano pare che le cose stiano cambiando. Più attenzione alla salute mentale, più consapevolezza che lavorare meno rende spesso più produttivi, più desiderio di conciliare meglio vita lavorativa e vita privata. La strada è ancora lunga, ma forse un po' meno rispetto a qualche anno fa.
Il mio consiglio: menatevela di meno e godetevela di più. E ora scusate ma c'ho da fare.
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