Qualcosa si muove in tema di minori e social, una combo decisamente pericolosa e soprattutto molto poco considerata. Un nuovo disegno di legge bipartisan, intitolato "Disposizioni per la tutela dei minori nella dimensione digitale", è stato presentato alla Camera e al Senato. Quali sono gli obiettivi? Obbligare le piattaforme social a verificare l'età degli utenti, in modo da negare l’accesso ai minori di 16 anni, e imporre restrizioni più rigorose sul fenomeno dei "baby influencer". Dietro i quali molto spesso ci sono degli "stupid parents".
Cosa prevede il disegno di legge
La bozza del disegno di legge, attualmente ancora in fase di sviluppo, è composta da 6 articoli ed è stata visionata in esclusiva da Adnkronos. Secondo il ddl, le piattaforme social saranno maggiormente responsabili della verifica dell’età degli utenti. L’articolo 3 specifica che "i contratti con i fornitori di servizi della società dell’informazione conclusi da minori di 16 anni sono nulli e non possono rappresentare una base giuridica per il trattamento dei dati personali". Nella versione attuale del testo, l’iscrizione di un minore di 16 anni è legittima solo con il consenso di un genitore o tutore, ma l'età minima potrebbe essere abbassata a 15 anni. Andiamo avanti.
L'articolo 5 è dedicato ai "baby influencer", cioè quelli che, già da piccolissimi, vengono utilizzati per la promozione di prodotti e servizi, spesso destinati a coetanei, attraverso le grandi piattaforme di condivisione e social network. Il disegno di legge prevede che "la diffusione, non occasionale, dell’immagine di un minore di 16 anni attraverso una piattaforma online l’autorizzazione di chi ne esercita la responsabilità genitoriale o ne è tutore, nonché della direzione provinciale del lavoro" se la diffusione dell’immagine del baby influencer produce o è finalizzata a produrre "entrate dirette o indirette superiori ai 12mila euro all’anno". Parliamo quindi di grandi cifre, se destinate ai minori.
Se le entrate superano i 12mila euro all’anno, i ricavi "saranno versati su un conto corrente intestato al minore protagonista dei contenuti e non possono essere utilizzati in nessun caso da chi esercita la responsabilità genitoriale sul minore, salvo eventuali casi di emergenza nell’esclusivo interesse del minore; in entrambi i casi previa autorizzazione della competente autorità giudiziaria minorile". Infine, il testo propone l’introduzione di un numero di emergenza infanzia, il 114, per segnalare abusi e violazioni ai danni dei minori in ambito digitale.
Questo disegno di legge mira a colmare l'attuale vuoto di leggi in materia di minori e social network. In Italia, infatti, fino ad adesso non si era approfondito l’argomento e non esistono norme specifiche per questi casi. Ad oggi, si applicano le leggi generali sul lavoro minorile, sulla privacy e sul consenso genitoriale. Questa legge rappresenterebbe quindi un primo passo in avanti per la tutela dei minori, mentre in altri Paesi europei esistono già regolamentazioni da tempo. Facciamo un esempio, per chiarirvi le idee. In Francia, dal 2020 esiste una legge che tutela i baby professionisti, specificando le ore di lavoro sui social, imponendo il congelamento dei guadagni e prevedendo la possibilità di esercitare il diritto all’oblio su richiesta.
Social e minori, l'indagine su Meta
Ma perché tutto ad un tratto si stanno smuovendo le acque anche in Italia? La presentazione del disegno di legge italiano arriva poco dopo l'inizio di un'indagine formale dell'Unione Europea su Facebook e Instagram per presunte violazioni del Digital Services Act (DSA) riguardanti la protezione dei minori. L'indagine potrebbe portare a ispezioni negli uffici di Meta e sanzioni fino al 6% del suo fatturato annuo globale se le violazioni saranno confermate.
La proposta di legge non mira a fare una "caccia alle streghe" per i minori che utilizzano i social network, ma a incoraggiarne un utilizzo più responsabile. L'obiettivo è offrire alle nuove generazione i tools necessari per navigare con maggiore serietà e serenità, proteggendoli da problemi (particolarmente gravi anche in Italia) come il cyberbullismo, la dipendenza e l'esposizione a contenuti inappropriati. La Commissione Europea sospetta che Meta non abbia adeguatamente valutato i rischi per i minori, soprattutto in termini di contenuti che possono creare dipendenza a chi è più ingenuo. Ma soprattutto, per la facilità con cui i minori possono aggirare i sistemi di verifica dell'età. Meta, in realtà, sostiene di aver investito molto nella protezione dei minori e di utilizzare strumenti basati su IA per la verifica dell'età e la segnalazione di account sospetti. Ma basterà?
E voi cosa ne pensate? Siete d’accordo con questo nuovo ddl?
Autrice: Francesca Tortini
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