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Editorial
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Settimo di dieci fratelli, self made man dell’era social, sempre sul filo del trash, una disciplina che vede molte persone eccellere ma, per ovvi motivi, poche convincere. Lorenzo Ruzza rientra tra quest'ultime, piace, attrae, adesca e trattiene fan che sembrano più seguaci, come fa? Divisivo è divisivo, ma questo suo essere decisamente "sopra le righe" alla fine fa il giro completo e diventa a suo modo cultura radical trash. E questo piace, numeri alla mano.

La ragione è che la chiave del successo del rivenditore di orologi milanese (non orologiaio, la differenza è rilevante) e star dei quadranti piú triviali dei social, non sta nei Rolex o nei Patek che mette in vendita sul suo sito, ma nel come li vende: il core business dell’influencer da mezzo milione di follower e 40 milioni di euro di fatturato previsto per il 2024 (il suo giro di affari nel 2023 è stato di circa 30 milioni) non sono gli orologi bensì l'esperienza: una fetta di quella rusticità che ostenta sicurezza costruita giorno per giorno nel suo ambiente naturale, l'algoritmo di Instagram.

Instagram
ruzzaorologi

Instagram

Si, perchè all'orologiaio matto di via Cesare Battisti, costruire contenuti sartoriali per la pancia e i polsi delle persone (soprattutto uomini) viene naturale. In maniera istintiva Ruzza sa fino a dove osare per galleggiare sul trash e non esserne, invece, sommerso. E questo nonostante si sia spinto veramente al limite nella costruzione del suo circo social dove non mancano nani, finti sceicchi, sfottó oltre il limite del politically correct (ma ancora dentro quello della satira) e naturalmente il piatto forte, la caccia agli orologi patacca per le vie della Milano bene.

Insomma, l’ora di Ruzza non sembra passare. Lo dimostra il Ruzza Watch Day dello scorso sabato 29 giugno, l’evento che ha visto centinaia di persone sopportare il caldo torrido davanti al Ruzza Store di via Cesare Battisti per mettere le mani, o meglio il polso, su uno degli orologi limited edition di Ruzza: pezzi unici a partire da 140 euro marchiati con il nome dell’imprenditore che recano sul fondello (il retro dell’orologio) l’umile incisione che recita “Ministro del Benessere”: non tanto un orologio, più che altro un talismano, un portafortuna, un manufatto per dire "io c’ero". Ancora a dimostrazione che il Ruzza non vende orologi ma modi di essere…squisitamente tamarri.

Al Ruzza show non sono mancate le benedizioni di alcuni esponenti dell'aristocrazia del rap milanese, ossia Fedez, Lazza e Emis Killa. Non ha mancato l’evento nemmeno l’ex re dei paparazzi, Fabrizio Corona

Tuttavia, i testimoni raccontano sui social che i big intervenuti erano frettolosi di andarsene, che nessuno si è fermato un attimo a stringere mani, battere pugno contro pugno e fare selfie con le persone in fila. Soprattutto, la cosa che ha fatto più scalpore è che nessuno tra i molto famosi ha calcato il red carpet con gli sponsor dell’evento in bella vista, tra cui i salumi Beretta che venivano distribuiti in versione mignon in bustine omaggio (non proprio il massimo con 40 gradi all'ombra), a parte Fedez che partecipava alla kermesse promuovendo la sua bibita leggermente alcolica "Boem", lanciata nel 2023 proprio con Lazza, ma anche lui è sparito più veloce di come è apparso.

Infine tra le critiche mosse al Ruzza Day, il mancato rifornimento d’acqua per gli audaci in fila per ore e commenti non proprio positivi sul mini catering all’ingresso, capace di servire solo una manciata di cocktail pure un po’ scarichi. Insomma un po’ pochino per chiunque ambisca a essere un most valuable player nel campionato del luxury milanese.

In sintesi, il Ruzza Day si è rilevato una sorta di Colazione da Tiffany al contrario dove conta più l’esibizione che l’essenza, le maschere e non il vero volto, l’ostentazione delle cose costose piuttosto che la magia nascosta di quelle piccole, una performance che spacca tra le pareti di Instagram ma sembra zoppicare nella vita reale, dal momento che ha qualche difficoltà a creare l’atmosfera giusta, tra salame in bustine di plastica, vip chiacchierati e una sola bottiglia di gin. Per conquistare - davvero - Milano ci vuole qualcosa di più.

 

 

Autore: Davide Frigoli

 

 

 

 

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