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Oggi il mondo del lavoro è diventato una giungla. Tutti devono essere dei supereroi della produttività, senza mai fare un errore o distrarsi nemmeno per un secondo. Risultato? Stress a manetta. E cosa succede quando la pressione è alle stelle? Ecco che arriva la fauxductivity.

Aka, un nuovo trend con un nome incomprensibile, che in realtà traduce un bisogno vecchio come il mondo. La fauxductivity, o per gli amici "finta produttività", è praticamente l’arte di fare finta di lavorare. Non è roba da pigri cronici, eh. È un problema culturale bello grosso. Invece di fare cose che contano davvero, ci si butta su attività che sembrano super importanti ma che in realtà sono solo fuffa: rispondere a mail inutili, fare mille riunioni che non portano a nulla… insomma, roba che serve solo a far vedere che si è occupati.

Ma perché succede? Colpa del presenteismo, quel modo di pensare che ti dice che se non sei fisicamente in ufficio, allora non stai facendo niente. Ora che lo smartworking è quasi un ricordo lontano, i lavoratori riempiono le loro giornate di cose inutili solo per sembrare impegnati davanti ai boss. Risultato? Il lavoro che conta davvero finisce sempre più in fondo alla lista, e si entra nel ciclo infinito della fauxductivity.

Una delle chiavi di questo fenomeno è la sensazione di dover sempre sembrare produttivi, una specie di recita costante per dimostrare ai capi che siete i migliori. Negli USA lo chiamano productivity theater o mouse shuffle (sì, muovono il mouse a caso per sembrare produttivi). Un sondaggio di Visier ha rivelato che la gente preferisce fare cose visibili, anche se inutili, piuttosto che concentrarsi su quello che fa davvero la differenza, solo per evitare di perdere punti con i capi.

E poi c’è la paura costante di perdere il lavoro. Tra licenziamenti e strumenti di sorveglianza digitale, i dipendenti vivono col terrore di non fare abbastanza. Un sondaggio di BambooHR ha confermato che l'88% dei lavoratori remoti e il 79% di quelli in ufficio si danno alla recita produttiva solo per sembrare impegnati, anche quando non stanno facendo nulla di concreto.

La fauxductivity non è solo un problema di chi lavora, è un segnale di una cultura lavorativa toxic. Secondo Workhuman, il 67% dei lavoratori nega di falsare la propria produttività, ma il 48% dei manager dice che il problema esiste eccome. E la cosa assurda? Sono proprio i manager e i dirigenti quelli che ammettono di farlo più spesso rispetto ai loro dipendenti.

Fauxductivity, cause e soluzioni

Distrazioni, burnout e responsabilità personali sono tra i principali motivi della fauxductivity, ma il problema più grande è che la gente cerca disperatamente di bilanciare lavoro e vita privata. I manager che confessano di fingere produttività lo fanno per alleggerire la pressione o per accontentare i superiori. E se anche loro sono messi così, immaginate il resto!

Allora, come si risolve? Serve un cambio di rotta. Invece di fissarsi sul dove e sul come si lavora, i manager dovrebbero guardare ai risultati concreti. Solo creando un ambiente in cui il benessere è prioritario, dove si può ricaricare le batterie e ridurre lo stress, si può rompere il ciclo tossico della fauxductivity.

E così, alla fine, torniamo a fare quel che conta davvero: lavorare bene, e non solo far finta.

 

Autrice: Francesca Tortini

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