Ammettiamolo: l'Italia e l'inglese non sono mai stati un match perfetto, ma stavolta abbiamo proprio fatto strike verso il basso. Nell’ultima classifica mondiale stilata da EF Education First, siamo scesi al 46° posto su 116 paesi non anglofoni. Un bagno di umiltà, considerando che, giusto qualche anno fa, eravamo in posizioni ben più alte: nel 2011 eravamo ventitreesimi, poi il declino. Dal 35° posto del 2023 siamo piombati al 46°.
Peccato, perché noi adoriamo piazzare l'inglese ad minchiam.
Mentre gli altri Paesi europei, tipo la Spagna o l’Ucraina, tirano dritti o addirittura migliorano, noi continuiamo a perdere colpi. Peggio ancora, veniamo sorpassati da nazioni emergenti che stanno spingendo sull'acceleratore dell’apprendimento linguistico. Tipo il Paraguay. Ora, se si zoomma sulla penisola, il quadro parla chiaro: il Friuli-Venezia Giulia svetta come la regione con più inglesofoni che ci provano davvero, mentre Verona brilla come miglior città. Il divario tra Nord e Sud si è accorciato – dai 100 punti del 2012 ai 70 attuali – ma rimane comunque una bella frattura.
E i giovani? Non bene. I 18-20enni, quelli che dovrebbero essere i più international, stanno facendo retromarcia. Il livello d’inglese è sotto i minimi storici dal 2019. La fascia 21-25 anni? Immobile. In confronto, i neodiplomati degli anni '90 sembrano madrelingua. La redemption arriva dai professionisti tra i 26 e i 40 anni. Qui, grazie a LinkedIn, Zoom call e magari un paio di stagioni di "Friends" in lingua originale, il livello migliora. Ah, e gli over 40? Piccoli passi avanti, ma nulla di rivoluzionario.
Capitolo genere: gli uomini superano le donne a livello di competenze. Il gap non è abissale, ma c’è. Forse un aiutino in più nel mondo del lavoro alle donne potrebbe risolvere la questione.
E il Covid? Colpevole pure lui. L'apprendimento a distanza ha fatto più danni che altro: niente scambi culturali, poca pratica orale e, voilà, i neodiplomati non riescono nemmeno a ordinare un caffè in inglese. Per fortuna, il trend si è invertito per i professionisti: con la ripresa dei viaggi e del lavoro internazionale, questi hanno almeno salvato la faccia dell’Italia.
A livello mondiale, l’Italia è a quota 528 punti, piazzandosi tra il Paraguay e la Bolivia. Nel frattempo, i Paesi Bassi (636 punti), la Norvegia e Singapore ridono di noi dall’alto della classifica. Anche nazioni come la Croazia, il Portogallo o addirittura la Grecia ci umiliano con punteggi ben sopra i 600.
Nel confronto europeo siamo praticamente i brutti anatroccoli: Germania e Austria al top, la Romania e la Bulgaria stanno avvicinandosi pericolosamente, e noi? Feriti nell’orgoglio, ma ancora lenti a imparare sto dannato inglese.
Perché non riusciamo a colmare il gap? Le politiche educative ci sono, i programmi bilingue pure, ma qualcosa non quadra. Forse dovremmo smetterla di fare i fenomeni e investire davvero.
Altrimenti, mentre il mondo parla inglese, noi continueremo a dire "Shish".
Autrice: Francesca Tortini
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