Potevo farlo anch'io.
Non va a tempo.
Sembra naturale, ma è tutto architettato a tavolino.
Il primo disco lo fanno tutti, quello che conta è il secondo.
L’ultima fiera delle critiche del web si è scatenata su Lorenzza, giovane rapper italo-brasiliana nata a Bahia nel 2002, che il 13 novembre 2024 ha esordito con il suo primo EP, A Lorenzza. La miccia che ha fatto esplodere la diatriba è il suo magnetismo: basta guardare uno qualsiasi dei suoi contenuti per esserne rapiti. Il problema, per molti, è che quel magnetismo non sembra farina del suo sacco.
La velocità con cui è passata dai reel di Instagram al suo primo EP distribuito da una major (la Sugar, addirittura) ha fatto storcere il naso a molti. Lorenzza è affiorata "dal nulla" con video che mostrano scene urban e slice of (street) life che sembrano naturali e "dal basso". Eppure, a detta di molti, quei video trasudano una cura maniacale, da manuale di marketing. Quella che viene definita, insomma, "industry plant", cioè un artista progettato a tavolino da altri, e quindi molto poco artista. Forse un po' di aiuto, la giovane rapper l’ha ricevuto: dietro il progetto sembra esserci ESSE Magazine, una delle realtà più influenti della scena urban italiana, guidata da Endri Kalthi. Sarebbe proprio lui, secondo i rumors, a curare con precisione ogni passo della carriera di Lorenzza.
Ma è davvero un problema?
Il suo primo EP, A Lorenzza, si presenta come un progetto solido e ben confezionato. Le produzioni sono curate nei dettagli, i testi alternano introspezione personale e riflessioni sociali, e il flow, pur con qualche acerbità, rivela un potenziale interessante. Non si tratta di un lavoro rivoluzionario, ma nemmeno di un prodotto banale o costruito a tavolino, come alcuni critici sostengono. Lorenzza mette al centro della sua narrazione un’identità profondamente matriarcale, dove l’unico legame familiare autentico è quello con sua madre. È un punto di vista poco esplorato in un genere spesso dominato da storie e prospettive maschili, e proprio per questo il risultato riesce a suonare fresco e genuino, nonostante la mano evidente di una regia esterna.
Se il suo lancio può sembrare un’operazione di marketing da manuale, lo stesso non si può dire per le liriche delle dieci tracce che compongono il suo esordio. I temi che canta sono profondamente biografici e, senza dubbio, autentici. Raccontano un’infanzia iniziata in Brasile e proseguita in Italia, a Pisa, accanto a una madre adottiva forte e determinata. Nei suoi testi, oltre al legame viscerale con la figura materna, affiorano riflessioni e difficoltà legate al suo essere figlia di due mondi: lo sterminato azzurro di Bahia e le piccole strade della periferia italiana.
Lorenzza celebra questo dualismo con versi che mescolano forza e fragilità. "Mamma mi ha insegnato che la vita sta dentro un bagaglio a mano", rappa, parlando di quel viaggio che l’ha portata dall’altra parte del mondo. O ancora: "2sono proprio una bambina cresciuta senza papà", una frase che tocca uno dei tanti temi che affronta nei suoi pezzi: l’assenza paterna e il sacrificio di sua madre, che ha lavorato come donna delle pulizie per darle un futuro diverso. Insomma, quanto a street credibility, i numeri sembrano esserci.
La rapper ventiduenne, come molti artisti – e vale doppio per chi fa rap – ostenta sicurezza. Si muove con naturalezza nei panni della ragazza di strada, forte di una femminilità che punta a riscrivere le regole del gioco. Un gioco dove il testosterone domina in termini di numeri (di soggetti), ma non per il volume del suono. E Lorenzza è lì per ricordarcelo. L'atteggiamento è scolpito non solo nel flow, ma anche nell’estetica: dai vestiti oversize al grillz, il gioiello per denti che sfoggia con disinvoltura, simbolo di uno stile che gioca ironicamente e con provocazione sul rapporto tra forza, lusso, femminilità.
Le critiche, però, come sempre, si concentrano sul contorno. È il solito dibattito: talento reale o fortuna sfacciata? La verità, forse, sta nel mezzo: Lorenzza ha talento, ma ha anche avuto le persone giuste al momento giusto. E forse è proprio questo che dà fastidio: non sembra aver sudato abbastanza per meritarsi tutto questo. Ma quanto di questa percezione è filtrato dai pregiudizi, dalla tendenza a "smascherare" chi sta godendo di un momento di fama?
Alla fine, come in ogni partita, il tempo è l’arbitro più onesto. Lorenzza ha fatto molto in pochissimo tempo, ma la vera sfida sarà dimostrare che il suo primo EP non è stato solo un colpo fortunato. Per ora, però, una cosa è certa: le critiche non l’hanno messa in panchina, o meglio, ferma al muretto, quell’angolo di strada che da sempre è la culla del rap.
Autore: Davide Frigoli
Seguici anche su Instagram, taaac!