Avete presente quando il brillantone di turno apparecchia un plot twist che Keyser Söze spostati proprio? Massì, quel momento in cui arriva quel certo tipo di spiegone che rimescola le carte sul tavolo e restituisce alla realtà l’onore del vero, sgonfiando il proverbiale falso mito. Viaggio in India per ritrovare la consapevolezza? Puoi trovarla anche sul divano, leggendo almeno uno dei libri della pila che ti guarda ogni giorno. Aspettare tre giorni prima di mandare il primo WhatsApp dopo che ti ha dato il suo numero? Ottima idea, perché certo l'ha dato solo a te il contatto, guarda, e anche oggi si sc*pa domani! Il multitasking è davvero l’unico modo per migliorare il proprio workflow? Te lo chiedo veramente: pensaci e già che ci sei, mentre rifletti, scrivi anche quel benedetto messaggio.
Eh sì, te ne sei accorto anche tu: fare entrambe le cose è praticamente impossibile. No, non è colpa tua, la scottante verità è che il multitasking non è il superpotere produttivo che ci hanno sempre venduto, lo dice la scienza. Uno studio del 2001 della American Psychological Association ha dimostrato che fare più cose contemporaneamente non ci rende più efficienti. Al contrario, ci fa perdere tempo e ci stanca più velocemente. La ragione? Ogni volta che passiamo da un compito all’altro, il nostro cervello deve fare due cose: spostare l'obiettivo e attivare nuove regole mentali, disattivando quelle del compito precedente. Un processo che può sembrare rapido, ma che comporta una perdita di efficienza che può arrivare fino al 40%.
Lo conferma anche un articolo dell’Harvard Business Review, che sentenzia: chi è multitasking produce meno e perde pure informazioni. Ci vogliono in media 15 minuti per ri-orientarsi completamente su un'attività principale dopo una distrazione, come rispondere a una e-mail. E non finisce qui: la memoria a lungo termine ne risente e la creatività cala sensibilmente. Insomma, il nostro cervello non è progettato per il multitasking. D’altronde, quando cerchiamo di fare più cose contemporaneamente semplicemente passiamo rapidamente da un’attività all’altra, perdendo inevitabilmente pezzi lungo il percorso. Eppure, continuiamo a provarci. Perché? Il mito che fare tutto insieme sia possibile si è talmente radicato nella cultura aziendale che, come ben sappiamo, è un punto che campeggia bene in alto in ogni offerta di lavoro alla voce "skills richieste". In poche parole, ci stanno chiedendo di essere meno produttivi. Siamo di fronte a uno dei più grandi e resistenti bias aziendali di sempre.
Va bene, ci sono situazioni in cui il multitasking può funzionare, ma sono rare. Se i compiti sono semplici e non si sovrappongono fisicamente, possiamo effettivamente gestirli contemporaneamente senza troppe interferenze, per esempio tagliare l’aglio mentre ascoltiamo la radio. Ma se stiamo ascoltando la radio e dobbiamo parcheggiare… ecco, appunto.
Ma il segreto per essere più produttivi esiste o no? Sì, si chiama fare una cosa alla volta. Lo scriveva già Peter Drucker, economista e guru del management, nel suo libro The Effective Executive: il modo per portare a termine più compiti, scrive uno tra gli scrittori più influenti in materia di teoria e pratica del management, è imparare a lasciarne aspettare la maggior parte mentre ci si concentra su uno solo. Fare la differenza in un campo richiede di "darsi il permesso di non preoccuparsi allo stesso modo di tutto". In pratica, negli annunci di lavoro bisognerebbe scrivere: "ottime capacità nel valutare quale task è da lasciare indietro". Dopo decenni di prove sul campo firmate da eminenti neuropsichiatri e esperti di work flow, il verdetto è chiaro: è ora di smettere di glorificare il multitasking come il Santo Graal della produttività.
Quindi, la prossima volta che proverete a rispondere a un’e-mail mentre cercate di finire un report, prendete un bel respiro e fermatevi. Concentrarvi su una cosa alla volta non solo vi renderà più produttivi, ma potrebbe anche salvaguardare la vostra sanità mentale, che di questi tempi è un vero lusso! E magari, con la mente più sgombra, troverete anche il coraggio di mandare quel fatidico primo messaggio. Perché, diciamocelo, anche il mito di non fare mai la prima mossa in amore è roba da mandare in soffitta.
Autore: Davide Frigoli
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