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Milano saluta Bergoglio: riflessioni a freddo sulla scomparsa di Papa Francesco

Quando Pope Francis è passato nella City.

C’è il Dio Cash, che tutti adoriamo, però potrebbe anche esserci Qualcuno sopra di lui. C’è chi ci crede e chi no, ma al di là di come la si pensi, un po’ dispiace per Bergoglio. Ci aveva conquistato con il suo modo di esprimersi senza tanti fronzoli; riusciva a dire le cose più complicate senza bisogno di tirar fuori un “deliverare“, “omnicanalità“, “disruptive” come facciamo noi. Questo era il vero miracolo. Poche cose ma concrete, come “Buona domenica e buon pranzo“.

Anche per questo era riuscito a diventare il Papa di tutti: Imbruttiti, Giargiana, Sciure, Bauscia, Maranza, Stagisti, Workaholic, Prompt Designer Senior, tutti. Cioè, aspè…qualche frase evitabile l’ha sparata eh, ma questi sono i giorni del cordoglio quindi passiamo oltre. Pope Francis si muoveva anche in una dimensione internazionale e capiva dalla dimestichezza con le lingue: italiano, spagnolo, latino, ma anche – e soprattutto – la più importante di tutte: il milanese.

Fu lui a dire: “A Milan si riceve col coeur en man” il giorno dopo la sua visita nella City. Correva l’anno 2017, a Milano si poteva ancora andare a cena fuori senza vendere un rene e comprare un appartamento con un lavoro normale. Nessuno aveva ancora mai pronunciato la parola “resilienza”. Evidentemente, quella volta riuscimmo a tirar fuori il meglio di noi: “…è un grande dono per me, entrare nella città incontrando dei volti, delle famiglie, una comunità”.

Papa Francesco visitò la nostra diocesi, che fra le varie cose è la più grande del mondo (in cerca di record meneghini? Eccone un altro). I cresimandi di allora ricorderanno l’incontro a San Siro, quando disse: “C’è un fenomeno brutto in questi tempi, che mi preoccupa nell’educazione: i bulli. Per favore, state attenti“. Chissà se lo avranno ascoltato, ma nel frattempo, lo ricorderemo per molti altri episodi con cui ha segnato il pontificato. Il più potente è stato sicuramente la messa da solo in piazza San Pietro durante il Covid.

Concreto, simpa, comunicativo, abile a creare relazioni: tutte skills che, pur di vedere nel nostro responsabile, saremmo disposti a farci decurtare lo stipendio. Però dai, non pretendiamo troppo: è solo un uomo, mica il Papa. “Io in chiesa non ci vado, però Bergoglio…“. Ecco, il fatto che fosse nazional pop si vedeva da quel “però”, perché voleva dire che aveva fatto breccia anche in chi in chiesa non ci entrava dai tempi della dottrina. Peccato, avrebbe potuto puntare ancora più in alto, abbracciando comunità (come quella LGBTQIA+) che invece non ha colto. Ci aveva un po’ illusi del suo fare totalmente rivoluzionario quando disse: “Se una persona è gay e cerca il Signore e ha buona volontà, chi sono io per giudicarla? Non dovrebbero essere emarginati. La tendenza [cioè l’attrazione per lo stesso sesso] non è il problema. Sono nostri fratelli“, poi, però.

Ma torniamo a Milano, va’.

Milano resterà per sempre legata a quel Papa che veniva dalla “fine del mondo”, a monito dei problemi che affronta tutti i giorni: periferie ed emarginati. La frase che lo identifica – “Ponti, non muri” – riguarda anche le nostre piccole polemiche sui lavori per la metropolitana o per la chiusura di una strada, ricordandoci che al di là del nostro vicoletto c’è sempre qualcosa di più grande.

In segno di lutto, gli edifici pubblici esporranno le bandiere a mezz’asta e oggi, in Duomo, alle 17:30, l’arcivescovo Delpini terrà la messa di suffragio.

Alle sette e trentacinque di lunedì, tutto il mondo ha avuto la sensazione di aver perso un top di gamma. Ma forse ci siamo sbagliati. Papa Francesco non è morto. Forse è stato solo convocato nell’ufficio del Capo.

Autore: @il_lettore_snob

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