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Milan e Inter cacciano gli ambulanti da San Siro, loro protestano: “Così molte famiglie in crisi”

"Milan e Inter vorrebbero far scomparire tutti gli operatori che trattano merchandising perché vogliono prendersi loro questo mercato"

Gli ambulanti fuori dallo stadio Meazza, a San Siro, sono essi stessi San Siro. Non c’è pieno godimento nell’assistere ad una partita senza un pit stop panino con salamella, birretta, o magari un regalo – maglietta, sciarpa, cappellino – del proprio giocatore prefe. Tanto dai, mica costano tanto. Ok, la qualità non sarà quella degli store ufficiali, ma è materiale da battaglia… stica. Qualcosa, però, potrebbe cambiare presto. Potremmo immaginarci uno stadio San Siro (ammesso che si capisca qualcosa del suo futuro) senza ambulanti. Senza chioschetti. E così domenica, ultima giornata di campionato, 64 ambulanti che da decenni fanno parte dell’ecosistema San Siro hanno deciso di dire “basta così”. Niente panini, niente sciarpe, niente gadget da stadio a 5 euro. Solo acqua gratis, offerta a chi entra allo stadio.

Perché la sete si placa, ma la rabbia no.

Milan, Inter e gli ambulanti incazzati: spiegone

La protesta degli ambulanti è diretta proprio alle due big della città, Milan e Inter, che – secondo i venditori – avrebbero intenzione di ridimensionare o eliminare del tutto la loro presenza attorno al Meazza. Motivo? Il solito: cash. O meglio, business. Le società vorrebbero tenersi tutto il mercato del merchandising per sé, facendo fuori la concorrenza “non ufficiale” delle bancarelle.

Giacomo Errico, storico presidente di Apeca, l’associazione di Confcommercio che riunisce gli ambulanti milanesi, ha spiegato al Corriere che i bersagli della protesta sono i due club, intenzionati a ridimensionari: il protocollo d’intesa è scaduto e non si capisce ancora che succederà in futuro. “Gli ambulanti di San Siro sono consorziati all’interno dell’area stadio dal 1962, ma il loro contratto non viene rinnovato in vista del nuovo progetto sull’area. Vorrebbero far scomparire tutti gli operatori che trattano merchandising, come magliette, cappellini, sciarpe, perché vogliono prendersi loro questo mercato. Magari con qualche megastore che vende materiale ufficiale a prezzi esorbitanti, negando a tante persone di trovare sulle bancarelle prodotti non originali ma abbordabili“.

Luigi Leanza, presidente del consorzio degli ambulanti, rincara la dose: “Ci hanno proposto un nuovo contratto, ma solo se eliminiamo 21 venditori di merchandising. In pratica, vogliono fare tutto loro. Peccato che questa ‘proposta’ sia arrivata solo 24 ore prima dell’ultima partita. Un colpo basso“.

Dietro le bancarelle ci sono famiglie, imprese, persone che vivono (letteralmente) di salamelle e cappellini. “Se ci cacciano, tante famiglie rimangono senza reddito – dice l’Errico – Non vogliamo favori, vogliamo un tavolo di confronto. Le istituzioni devono svegliarsi“.

Non è la prima volta che succede. Accadde già 27 anni fa, ma allora si risolse tutto con un happy ending. “Scese addirittura Giacinto Facchetti dall’auto per ascoltarci. Alla fine si mossero tutti: questore, prefetto, vicesindaco. E trovammo una soluzione”, racconta Errico.

E quindi adesso che succede?

L’impressione è che la battaglia sia appena iniziata. E se Milan e Inter pensano di risolverla con un tweet corporate e un hot dog vegano al posto della salamella… forse hanno fatto male i conti.

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