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A Bari c’è un bar con box dei pensieri e psicologa: un’idea da importare?

Si chiama Baba Yaga e da qualche settimana è diventato virale per una scatola rosa che raccoglie pensieri anonimi, confessioni, paure e domande.

A Bari c’è un bar che non è solo un bar. Si chiama Baba Yaga, affaccia sul mare di Santo Spirito e da qualche settimana è diventato virale – non per il latte d’avena o i croissant vegani – ma per una scatola rosa che raccoglie pensieri anonimi, confessioni, paure e domande di chi si sente perso o semplicemente solo. Una trovata che in un attimo ha acceso i riflettori (e fatto formare code) per un’idea semplice ma geniale: abbinare il rito del caffè al bisogno umano più antico del mondo, quello di essere ascoltati.

Psicoterapia con vista mare (e aroma arabica)

La “box dei pensieri” – così l’hanno chiamata – è una scatola posizionata sul banco del bar, dove chiunque può lasciare un messaggio anonimo. Il progetto è partito da Rossana e Angelica De Benedictis, sorelle e titolari del locale: un’idea nata per creare uno spazio in cui sentirsi meno soli. Ma non si sono fermate lì: venerdì 23 maggio hanno chiamato la psicologa barese Siria Macellaio, che ha letto e commentato i bigliettini in un vero e proprio incontro pubblico.

«Si dice spesso che il barista sia una sorta di consigliere – spiega al Corriere Rossana De Benedictis –. Chi si reca nel bar per prendere un caffè, infatti, lo fa anche per sfogarsi, per poter parlare con qualcuno della propria vita. Allora abbiamo pensato di unire questi due aspetti, consegnando a una persona competente il compito di ascoltare e consigliare chiunque ne abbia necessità».

Un’operazione culturale e affettiva, in formato mignon e senza prenotazione. E funziona: da quando è partita l’iniziativa, i ragazzi fanno la fila per scrivere, o semplicemente per ascoltare.

Bella l’idea dello spazio emotivo

Chi lascia il biglietto lo fa in forma anonima, ma sa che il suo pensiero può diventare un punto di partenza per altri. È uno spazio collettivo, dove anche chi non scrive può venire a sentire, riflettere, magari rivedersi tra le parole degli altri.

«Non sappiamo quanti bigliettini abbia già raccolto la nostra box, ma siamo contente che l’iniziativa stia arrivando a chi deve – continua Rossana –. Qualche sera fa, un ragazzo è entrato nel bar quasi a orario di chiusura. Ha preso un succo e poi ci ha chiesto se fosse questo il posto della “box dei pensieri”. Allora, nonostante stessimo per chiudere, ho aspettato che lui finisse di scrivere e di imbucare il foglietto. Questo episodio in particolare mi ha fatto percepire tutta la necessità di esprimersi, di sfogarsi, di aprirsi, di sconfiggere la solitudine che la gente evidentemente sente e che accomuna le persone».

Il Baba Yaga non è nuovo all’idea di bar come comunità. Aperto nel 1989 da Nino De Benedictis, è sempre stato un punto di riferimento per il quartiere: famiglie, amici, turisti… tutti lì per il gelato artigianale, certo, ma anche per l’atmosfera rilassata e inclusiva.

L’iniziativa della “box dei pensieri” è destinata a diventare virale – nel senso buono. Perché trasforma il bar da luogo di passaggio a luogo di scambio. Non di merci, ma di umanità. Che ne dite?

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