
Siamo nel 2025 e parliamo ogni giorno di intelligenze artificiali che ti correggono le mail, ti fanno le slide, ti scrivono le scuse per il ritardo al lavoro e ti preparano pure la cena (ah no, non ancora). Eppure, quando si parla di IA a scuola, la sensazione è che siamo ancora al Medioevo digitale, con i docenti in panico davanti a ChatGPT.
Un report di GoStudent – quelli delle ripetizioni online che salvano gli studenti all’ultimo secondo – ha lanciato il sasso nello stagno: il 66% degli insegnanti italiani non è formato sull’IA, percentuale che sale al 76% nelle scuole pubbliche. Tradotto: il futuro bussa alla porta, ma in classe spesso rispondono col registro cartaceo.
Lombardia: prima della classe (ma non esageriamo)
Tra le poche note (relativamente) positive, la Lombardia si conferma la regione più avanti nell’inserimento dell’IA nelle scuole. Ma calma con gli applausi: solo il 24% dei docenti lombardi ha ricevuto una formazione specifica sull’intelligenza artificiale. Cioè, siamo primi tra gli ultimi. E anche quelli che ce l’hanno fatta, non è che si sentano tutti Steve Jobs: solo il 26% dice di sentirsi a proprio agio con l’IA in classe.
Il lato tech degli studenti? Il 48% ha accesso a tecnologie digitali adeguate: il dato più alto d’Italia, sì, ma comunque sotto il 50%. In pratica, il Wi-Fi va, ma la didattica è ancora un po’ in buffering.
E i genitori? Il 22% dichiara fiducia nell’introduzione dell’IA nella scuola. Gli altri probabilmente stanno ancora cercando di capire se “questa roba qui” ruba i compiti o li fa meglio del figlio. Ci sta eh?
I nani usano già l’IA (ma non sanno distinguere le bufale)
Uno dei dati più interessanti – e un filo preoccupanti – è che il 23% dei bambini in Lombardia ha già iniziato a usare strumenti basati su IA. Peccato che solo il 78% sappia riconoscere contenuti affidabili da fake news. Un numero basso per una regione che ambisce a guidare l’innovazione: se l’IA può aiutare, allora serve anche educazione al digitale vera.
Se in Lombardia si è appena sopra la sufficienza stiracchiata, altrove siamo da rimandati a settembre (con giudizio). In Campania e Lazio, solo il 20-21% degli studenti ha accesso alla tecnologia, e la formazione del corpo docente è ferma al 18% e al 6%. No, non è un bug nel sistema: è proprio il sistema a non essere aggiornato.
E pensare che anche regioni ritenute all’avanguardia come l’Emilia-Romagna arrancano: qui solo il 7% degli studenti ha accesso a strumenti tecnologici e nessun docente si dichiara formato sull’IA. Nessuno.
Quindi, dove stiamo andando?
I dati mostrano chiaramente una cosa: la scuola italiana si sta avvicinando al futuro con il freno a mano tirato. E mentre il mondo corre, rischiamo di restare impantanati in modelli didattici vecchi, strumenti obsoleti e corsi di aggiornamento che arrivano quando gli studenti già usano l’IA per chiedere “quanto fa 12x13”.
Il problema non è solo tecnico, ma culturale. Manca una strategia nazionale, investimenti veri in formazione, infrastrutture e soprattutto linee guida chiare. Perché non basta dire "usiamo l’IA": serve spiegare come, quando e perché, con formazione seria e strumenti accessibili.
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