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Notizia peso per Chiara Ferragni: Fenice Retail Srl è stata ufficialmente messa in liquidazione

Fenice Retail finita in liquidazione perché i conti non tornano: bruciati 1,2 milioni

La questione Chiara Ferragni e business subisce un’altra botta: dopo la chiusura dello store di Roma, adesso è arrivata la notizia della liquidazione ufficiale del retail del brand Fenice, la società che gestiva i punti vendita fisici dell’influencer, che dopo due anni col segno meno fisso ha deciso di staccare la spina.

Il retail non decolla: perdite su perdite

Stando a quanto riportato da Radiocor, Fenice Retail Srl, società controllata del gruppo Ferragni, è finita in liquidazione dopo aver bruciato più di 1,21 milioni di euro tra il 2023 e il 2024. I ricavi? Roba magra: 644 mila euro in due anni. Ma i costi, si sa, sono delle brutte bestie: quasi 2 milioni di euro, tra affitti, personale, e tutto il resto.

Il risultato? 530 mila euro di perdita nel 2023, che diventano 684 mila nel 2024. Il motivo? Già lo sapete fin troppo bene: il Pandoro-Gate, e le difficoltà di Chiara di rialzarsi e di mettere in atto un rebranding che riesca a far dimenticare lo scandalo della beneficenza mancata.

Oh, sarà stata pure piccola, ma la Retail di Chiara Ferragni ha fatto un casino mica da ridere nell’ultima assemblea di Fenice Srl, la “casa madre”. Sì, proprio quella dove si è presentato Claudio Calabi, amministratore unico con il compito di tenere in piedi la baracca, e dall’altra parte c’erano i rappresentanti di Pasquale Morgese, socio di minoranza tutt’altro che zen.

Carenza di documenti messi a disposizione dei soci, in particolare assenza del bilancio della partecipata Fenice Retail“. Tradotto: “Oh raga, come volete che votiamo i conti se mancano i pezzi?”. E non è finita. Sempre dal lato Morgese, un altro rappresentante ha fatto notare che nel bilancio della capogruppo c’erano 1,6 milioni di euro tra costi e svalutazioni col bollino Retail, ma senza alcuna info su come o quando si sarebbe chiusa sta storia.

In assenza di una previsione di chiusura della Retail, i soci non hanno elementi sufficienti per capire se questo importo sia ragionevole, eccessivo o completamente a caso”. BOOM. A calmare le acque ci ha provato Calabi, col tono del dirigente navigato che ne ha viste più di un report in deficit: “Si è cercato di trovare la soluzione migliore per traghettare Fenice Retail verso una liquidazione in bonis”. Cioè: niente fallimenti brutti, ma uscita ordinata (si spera). Tipo chiudere il negozio e spegnere la luce senza far saltare tutto il palazzo.

Il maxi rattoppo da 6,4 milioni

Il momento decisivo di questa ristrutturazione made in Instagram è arrivato il 10 marzo, quando l’assemblea della capogruppo Fenice Srl ha approvato un aumento di capitale da 6,4 milioni di euro. Un salvagente che serviva come il pane, visti i 10,2 milioni di euro di perdite accumulate tra il 2023 e i primi 11 mesi del 2024 (sì, compresi i buchi lasciati da Fenice Retail).

Chiara Ferragni ha sottoscritto quasi tutto l’aumento di capitale” – si legge nei documenti – “diventando azionista al 99,8% della società“. Praticamente si è ricomprata la sua creatura. Mentre Pasquale Morgese, che prima aveva il 27,5%, si è ridotto allo 0,2%. E Paolo Barletta ha fatto il ghosting definitivo: uscito completamente dall’azionariato.

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