Avete presente quella “bistecca di seitan” che viveva sul ripiano alto del frigo e vi ha salvato la cena quella volta che siete usciti tardi dall’ufficio? Bene, preparatevi a salutarla. E non perché l’avete divorata a morsi davanti al pc, con lo sguardo perso nel vuoto e mezzo vasetto di Häagen-Dazs Cookies & Cream come contorno esistenziale. No, stavolta il motivo è un altro: non si potrà più chiamare così.
Il Parlamento Europeo ha infatti deciso che i nomi tradizionalmente legati alla carne non potranno più essere usati per indicare prodotti di origine vegetale. Una decisione che farà discutere, ma che in realtà non è proprio nuova.
Da “latte di soia” a “bevanda di soia”
Già da tempo, per esempio, non basta più essere bianchi, liquidi e presenti a colazione per potersi definire “latte”. È così che il celebre “latte di soia” è diventato la più neutra “bevanda di soia”, anticipando il destino di tante “salsicce vegan” e “burger vegetali” che presto dovranno reinventarsi un’identità.
La motivazione ufficiale? Evitare confusione nei consumatori, che — secondo i legislatori — potrebbero scambiare un wurstel vegetale per un vero wurstel di carne. Perché si sa, noi cittadini europei siamo notoriamente così tonti che basta una confezione verde e via, ti ritrovi a pensare che il tofu sia pollo e la quinoa, cous cous.
Del resto, chi non ha mai pensato almeno una volta che la melagrana fosse una mela ripiena di soldi, la capasanta una reliquia o il pandoro un pane con dentro un lingotto?
La forma comanda, il nome segue
La verità è che, nella mente delle persone, il nome di un cibo è legato prima di tutto alla forma:
- la salsiccia è cilindrica e allungata,
- la schiacciata è piatta e bassa,
- la polpetta è una palla, di qualsiasi cosa sia fatta.
Ma qui la questione va oltre la semantica: l’idea che si stia difendendo la “sanità mentale del consumatore” suona più come un pretesto che come una reale preoccupazione. Dietro la battaglia linguistica si nascondono infatti gli interessi — più o meno espliciti — di interi settori produttivi che non vogliono perdere terreno di fronte al boom dei prodotti plant-based.
I tempi cambiano (pure i menu)
È un dato di fatto: sono finiti i tempi della fettina a pranzo e a cena. Oggi, se prendi due amici a caso a un tavolo milanese, uno è vegano e l’altro sta con un* vegano. Il mercato è cambiato, il pubblico pure, e invece di accettare la transizione alimentare con un po’ di pragmatismo, si è preferito l’approccio “burocratico”: vietare i nomi.
Certo, si potrebbe fare altro: promuovere la qualità, alzare gli standard, ridurre gli allevamenti intensivi. Ma vuoi mettere lo sbatti? Meglio spaccare i maroni a chi cerca solo di offrire un’alternativa più sostenibile e meno impattante.
Il vocabolario Imbruttito per sopravvivere al nuovo regime alimentare
Noi però, come sempre, eravamo già pronti. Ecco alcuni termini già testati sul campo e perfettamente in linea con il vocabolario imbruttito, per sostituire le parole incriminate senza perdere un briciolo di personalità:
Boccone [bokˈko.ne]
Comprende qualsiasi cosa venga infilata in bocca. Semplice, diretto, democratico.
Va bene per tutto: dal kebab post-hangover alla cena aziendale alla Langosteria.
“Dai, prendi un boccone con noi, abbiamo il tavolo.”
“Se non mangio un boccone, svengo.”
Roba [ˈrɔ.ba]
Quando una cosa non ha un nome preciso, è semplicemente “roba”. E resterà tale per sempre.
“C’è solo quella roba lì?”
“Quella roba la riporti indietro e non te la pago.”
Sbobba [ˈzbob.ba]
Alta percentuale di liquidi, aspetto discutibile, sapore incerto.
Può essere veg o di carne, ma resta visivamente un trauma.
“Io quella sbobba non la voglio.”
“Ventisette euro per quella sbobba? Col c**** che mi ci rivedono qua.”
Paninazzo [pa.niˈnat.tso]
Qualsiasi cosa compressa tra due fette di pane. Carne, pesce, frittata, verdure — tutto vale.
Attenzione: se è gourmet, non è un paninazzo.
“Te lo mangi tutto quel paninazzo?”
“Che bel paninazzo ignorante.”
Mattone [matˈto.ne]
Che sia tofu o carne vera, poco importa: basta che sia pesante come un blocco di cemento.
“Più che un tortino era un mattone.”
Quindi, che succede ora?
Per ora, niente panico: i tempi saranno lunghi (in perfetto stile europeo) e pare che la nuova normativa non entrerà in vigore prima del 2028. Avete tutto il tempo per ingozzarvi di “salsicce di seitan” e “burger vegani” senza sensi di colpa linguistici. Poi, quando arriverà il momento, ci penseremo noi dell’Imbruttito a scrivere il dizionario ufficiale del cibo senza nome, perché tanto — alla fine — tra una sbobba e un boccone, l’importante è che si mangi.
Autore: Francesco Cellini