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Il Parlamento Europeo ha vietato termini come “burger” e “bistecca” per i prodotti vegani, ma noi abbiamo la soluzione

l Parlamento Europeo ha deciso che i nomi tradizionalmente legati alla carne non potranno più essere usati per indicare prodotti di origine vegetale.
17 Ottobre 2025

Avete presente quella “bistecca di seitan” che viveva sul ripiano alto del frigo e vi ha salvato la cena quella volta che siete usciti tardi dall’ufficio? Bene, preparatevi a salutarla. E non perché l’avete divorata a morsi davanti al pc, con lo sguardo perso nel vuoto e mezzo vasetto di Häagen-Dazs Cookies & Cream come contorno esistenziale. No, stavolta il motivo è un altro: non si potrà più chiamare così.

Il Parlamento Europeo ha infatti deciso che i nomi tradizionalmente legati alla carne non potranno più essere usati per indicare prodotti di origine vegetale. Una decisione che farà discutere, ma che in realtà non è proprio nuova.

Da “latte di soia” a “bevanda di soia”

Già da tempo, per esempio, non basta più essere bianchi, liquidi e presenti a colazione per potersi definire “latte”. È così che il celebre “latte di soia” è diventato la più neutra “bevanda di soia”, anticipando il destino di tante “salsicce vegan” e “burger vegetali” che presto dovranno reinventarsi un’identità.

La motivazione ufficiale? Evitare confusione nei consumatori, che — secondo i legislatori — potrebbero scambiare un wurstel vegetale per un vero wurstel di carne. Perché si sa, noi cittadini europei siamo notoriamente così tonti che basta una confezione verde e via, ti ritrovi a pensare che il tofu sia pollo e la quinoa, cous cous.

Del resto, chi non ha mai pensato almeno una volta che la melagrana fosse una mela ripiena di soldi, la capasanta una reliquia o il pandoro un pane con dentro un lingotto?

La forma comanda, il nome segue

La verità è che, nella mente delle persone, il nome di un cibo è legato prima di tutto alla forma:

  • la salsiccia è cilindrica e allungata,
  • la schiacciata è piatta e bassa,
  • la polpetta è una palla, di qualsiasi cosa sia fatta.

Ma qui la questione va oltre la semantica: l’idea che si stia difendendo la “sanità mentale del consumatore” suona più come un pretesto che come una reale preoccupazione. Dietro la battaglia linguistica si nascondono infatti gli interessi — più o meno espliciti — di interi settori produttivi che non vogliono perdere terreno di fronte al boom dei prodotti plant-based.

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I tempi cambiano (pure i menu)

È un dato di fatto: sono finiti i tempi della fettina a pranzo e a cena. Oggi, se prendi due amici a caso a un tavolo milanese, uno è vegano e l’altro sta con un* vegano. Il mercato è cambiato, il pubblico pure, e invece di accettare la transizione alimentare con un po’ di pragmatismo, si è preferito l’approccio “burocratico”: vietare i nomi.

Certo, si potrebbe fare altro: promuovere la qualità, alzare gli standard, ridurre gli allevamenti intensivi. Ma vuoi mettere lo sbatti? Meglio spaccare i maroni a chi cerca solo di offrire un’alternativa più sostenibile e meno impattante.

Il vocabolario Imbruttito per sopravvivere al nuovo regime alimentare

Noi però, come sempre, eravamo già pronti. Ecco alcuni termini già testati sul campo e perfettamente in linea con il vocabolario imbruttito, per sostituire le parole incriminate senza perdere un briciolo di personalità:

Boccone [bokˈko.ne]
Comprende qualsiasi cosa venga infilata in bocca. Semplice, diretto, democratico.
Va bene per tutto: dal kebab post-hangover alla cena aziendale alla Langosteria.

“Dai, prendi un boccone con noi, abbiamo il tavolo.”
“Se non mangio un boccone, svengo.”

Roba [ˈrɔ.ba]
Quando una cosa non ha un nome preciso, è semplicemente “roba”. E resterà tale per sempre.

“C’è solo quella roba lì?”
“Quella roba la riporti indietro e non te la pago.”

Sbobba [ˈzbob.ba]
Alta percentuale di liquidi, aspetto discutibile, sapore incerto.
Può essere veg o di carne, ma resta visivamente un trauma.

“Io quella sbobba non la voglio.”
“Ventisette euro per quella sbobba? Col c**** che mi ci rivedono qua.”

Paninazzo [pa.niˈnat.tso]
Qualsiasi cosa compressa tra due fette di pane. Carne, pesce, frittata, verdure — tutto vale.
Attenzione: se è gourmet, non è un paninazzo.

“Te lo mangi tutto quel paninazzo?”
“Che bel paninazzo ignorante.”

Mattone [matˈto.ne]
Che sia tofu o carne vera, poco importa: basta che sia pesante come un blocco di cemento.

“Più che un tortino era un mattone.”

Quindi, che succede ora?

Per ora, niente panico: i tempi saranno lunghi (in perfetto stile europeo) e pare che la nuova normativa non entrerà in vigore prima del 2028. Avete tutto il tempo per ingozzarvi di “salsicce di seitan” e “burger vegani” senza sensi di colpa linguistici. Poi, quando arriverà il momento, ci penseremo noi dell’Imbruttito a scrivere il dizionario ufficiale del cibo senza nome, perché tanto — alla fine — tra una sbobba e un boccone, l’importante è che si mangi.

Autore: Francesco Cellini

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