Siete pronti a scatenare la vostra vena polemica? Sentite qua. All’Istituto Tecnico Einaudi di Ferrara, per andare in gita quest’anno, non basta preparare zaino, merenda e sacchetto per il vomito. No, troppo semplice. Per salire sul pullman diretto a Napoli serve una combinazione degna di una cassaforte: media del 7, condotta da almeno 8 e “fedina penale” più pulita di un vetro appena sgrassato (in pratica, niente note disciplinari). Una specie di “passaporto del bravo studente” senza il quale si resta a casa a guardare le foto di Napoli che postano gli amici sui social.
Non è selezione, è ottimizzazione del budget
Altro che inclusione, esperienze condivise, brivido della scoperta… la gita è diventata una questione di budget da far quadrare. Le richieste di partecipazione sono state circa 160, ma il budget non permette di portare tutti (se si sfora una certa cifra bisogna organizzare una specie di gara d’appalto, essendo una scuola pubblica). E allora? Invece del classico sorteggio, la scuola ha deciso di usare criteri oggettivi e meritocratici: voti, condotta, disciplina. Un metodo che in teoria non dovrebbe offendere nessuno… se non fosse che metà dei ragazzi rimane così esclusa.
Ma la gita non era per tutti?
Le famiglie l’hanno presa con filosofia. E per “filosofia” intendiamo: telefonate, chat infuocate, richieste di incontri e un certo numero di sopracciglia sollevate e nasi storti. Molti hanno ricordato quando le gite servivano a unire la classe, non a fare la selezione naturale tra chi ha la media alta e chi magari si è fatto un quadrimestre difficile. Qualcuno ha perfino cercato di spiegare che lo spirito educativo di un viaggio scolastico non dovrebbe funzionare come la fila prioritaria all’aeroporto.
La dirigente scolastica, va detto, ha provato a stemperare gli animi: l’idea non è quella di “lasciare indietro”, bensì di dividere il viaggio in due turni. Prima partono i “top performer”, poi toccherà anche agli sfigati. Ovviamente lei non l’ha detta così, ma il risultato è un po’ quello. Ma allora, non bastava semplicemente suddividere già in partenza le classi, facendole partire direttamente in due momenti diversi? Così invece si verificano almeno due tipi di problemi. Il primo: immaginando che ovviamente bravi e meno bravi siano più o meno equamente distribuiti, vuol dire che quando parte il primo gruppo, una parte di ogni classe resta a casa e va a scuola… a fare cosa?! Il secondo: una delle difficoltà più grandi nell’organizzazione delle gite è la disponibilità degli insegnanti ad accompagnare i ragazzi. Ora, se ci sarà il gruppo dei “bravi secchioni” e il gruppo dei “démoni posseduti”, indovinate quanti insegnanti si candideranno ad accompagnare il primo gruppo e quanti ad accompagnare il secondo?! Ce li immaginiamo gli insegnanti tutti in fila: “Gli str**** li porto io, preside! Non vedo l’ora di avere la responsabilità di un bell’infortunio in gita o di una bisca clandestina notturna!!!“
Premio, diritto o reality show scolastico?
La vicenda dell’Einaudi apre un interrogativo niente male: la gita scolastica è un’esperienza formativa o un premio per i più meritevoli? Da un lato, c’è chi sostiene che un minimo di selezione non faccia male e che responsabilizzi gli studenti. Dall’altro, c’è chi teme che il prossimo passo sia organizzare la gita con televoto, giuria tecnica e sfida finale “media più alta contro nota sul registro”.
Ironia a parte, resta il fatto che lo scontro tra merito e inclusione non è mai stato così evidente e invadente. E il portafogli degli istituti, ormai notoriamente in dieta ferrea, non aiuta.
E adesso?
Ora scuola e famiglie dovranno incontrarsi per ricucire la situazione e chiarire i dettagli del “piano in due turni”. I ragazzi, intanto, hanno due possibilità: puntare tutti alla media del 7 studiando come matti, o sperare nel secondo round della gita.









