Saranno i maglioni colorati e i pantaloni a scacchi sgargianti che ogni tanto sfoggia; sarà la barba rassicurante che circonda la bocca con cui lancia strali ai genitori contemporanei; sarà il ciuffone impertinente che sfoggia fuori tempo massimo, ma certo Paolo Crepet non è uno che passa inosservato. E di certo, quando parla, sa farsi ascoltare. Questa volta, ad esempio, ha deciso di servire un commento bello speziato su Milano che definisce, senza tanto girarci intorno, una “Capitale confusa”.
Che ha detto Crepet di Milano
Lo psichiatra ha vissuto a lungo a Milano e, in un’intervista al Corriere della Sera, parla con una certa nostalgia della città che un tempo era laboratorio di idee e che invece adesso non saprebbe più – a suo dire – da che parte girarsi. «Io ho conosciuto le Milano della musica, della moda e del design», dice, «ma ultimamente mi annoio: mancano i graffi, le scoperte… come quando apparì Elio Fiorucci o il Capolinea sui Navigli con i primi grandi del jazz, negli anni Settanta».
Insomma: per Crepet, la Milano di oggi sarebbe più una playlist ripetitiva che un fiume in piena di novità. E lo ribadisce senza timidezze: «Adesso Milano è una Capitale confusa. Non sa bene dove andare. Io l’ho frequentata tanto con Oliviero Toscani, nelle ‘trattoriacce’ dove parlavamo sempre di progetti, cosa impossibile nei locali assordanti di oggi. Ricordo tante serate con Fiorucci che ci raccontava delle bellezze della New York anni Sessanta e Settanta, ero giovane e imparavo tantissimo, perché c’era il tempo per imparare».
Milano specchio dell’Italia?
Nell’intervista, Crepet allarga poi lo sguardo ai cambiamenti sociali più ampi, partendo dalle famose “baby gang”, che nascerebbero anche per mancanza di alternative e per la presenza invece di modelli irraggiungibili. «Per questi ragazzini il futuro è un grattacielo dove forse vive un calciatore e in cui non entreranno mai. Una volta, ne avrebbero inventato un altro, oggi no».
Insomma, ma fondamentalmente il problema qual è?! Lo psichiatra va dritto per dritto: «La mancanza di cultura. Milano è stata la sua straordinaria Casa della Cultura, di cui era presidente il mio amico Cesare Musatti, decano della psicanalisi italiana». Insomma, si stava meglio quando si stava peggio e non ci sono più i decani di una volta.
Né i decani, né i poeti, verrebbe da aggiungere, visto che Crepet si lascia andare anche al ricordo di Alda Merini. «Ho abitato per un periodo vicino ad Alda Merini, sul Naviglio. Andavo a trovarla attraverso il cavallo di Troia di un farmacista che le portava le medicine. La sua casa era piena di fumo, sembrava la prima scena di C’era una volta in America».
Insomma, alla fine se n’è andato: «Mi mancava l’ironia romana», dice, «adesso manca abbastanza anche a Roma». Insomma, una Capitale confusa e una Capitale seriosa… almeno la par condicio è rispettata, anche perché in entrambe pare dilagare la stessa piaga: il padel
«Oggi, la buona famiglia è quella dove papà, coi jeans strappati a 48 anni, va a giocare a padel. Questa è una buona famiglia? La buona famiglia gioca a shangai. A 48 anni giocano per essere ancora più giovani dei figli adolescenti. Perché shanghai? Non puoi fare shanghai e mandare i messaggini. Lo shanghai è un tempo senza fretta, in cui non corro dall’altra parte della città per bere sette drink».
Confusa Milano o nostalgico Crepet?
Dunque, riassumendo: Milano ha i suoi difetti, Roma non sta messa meglio, il mondo è pieno di tardo-adolescenti (l’avete letto che l’adolescenza dira fino ai 32 anni?!?!!?) e il padel è il male degli Anni Venti (magari fosse quello). A noi che ci siamo rimasti Milano sembra sempre in movimento… e non è che in città negli Anni Settanta si respirasse solo cultura, anzi: smog, ligera e polvere da sparo.
A viverla, una città, è sempre diversa dal vederla temporaneamente per una trasferta, anche lunga. Poi, certo, siamo consapevoli che Milano non è tutta rose e boschi verticali… ma Crepet dovrebbe saperlo bene che a vivere di ricordi non si va molto lontani.
Cover: paolocrepet.it









