Adoro gli articoli che Allegra Ferrante dedica alle famiglie milanesi su Corriere.it. L’ultimo che ho trovato parla della ricerca della baby sitter e chiunque ci sia passato non può che empatizzare con i genitori che, magari per la prima volta, si trovano alle prese con questa vera e propria caccia al tesoro.
La ricerca assomiglia a una spy story: colloqui all’alba prima dell’ufficio, prove al parco tra una call e l’altra, contratti stampati a mezzanotte… Alla fine, dopo giorni di screening degni di un concorso pubblico, ecco la verità definitiva: è la tata che sceglie la famiglia, non il contrario.
Chi sceglie chi
Ferrante apre con una perfetta scena da thriller: Marta e Riccardo, genitori di una bimba di due anni circa, quattro colloqui in sette giorni, un quinto in arrivo e uno dei due che annuncia «Se scappa anche questa, domani chiedo il part-time». La candidata entra, si siede a terra, tira fuori un flauto (!) e chiede: «Raccontatemi voi, che genitori siete?». E a quel punto tutta Milano è percorsa da un brivido collettivo.
Non esistono più le tate di una volta: la portinaia che ti dava un’occhiata ai ragazzi fra una ramazzata e una passata di straccio. No, adesso ci sono audizioni che manco alla Scala e sotto l’occhio di bue finiscono genitori che cercano disperatamente di sembrare più preparati di quanto siano davvero.
Le app simil Tinder
A parte gli intramontabili biglietti appiccicati davanti alle scuole di quartiere, la ricerca spesso passa da un sistema di applicazioni che funzionano così: scroll, cuoricino, spera che risponda… Proprio come nelle app d’incontri. Solo che qui non cerchi l’anima gemella, ma qualcuno che ti faccia ritrovare i bambini vivi quando rientri dal lavoro. I profili sono spesso capolavori letterari: «Amo i silenzi dei bambini», «La calma è la mia prima competenza», «Gentile, ma so dire no»… Tutto quello che un genitore onesto sente di non essere (più).
Il tutto con tariffe tra 10 e 15 euro l’ora e la certezza che almeno una candidata, dopo aver cliccato “interessata”, sparirà nel nulla cosmico. Le più sgamate chiedono contratto regolare, straordinari pagati, tredicesima. A quel punto i genitori fanno una botta di conti e la domanda nasce spontanea: “Quanto ci costerà?”. Risposta: meglio non pensarci.
Le chat, la nuova portineria di quartiere
Se le app non funzionano, si sale di livello: i gruppi Telegram. Ferrante racconta di chat di zona popolatissime, vere e proprie borse di scambio dove ogni babysitter segnalata sembra l’ultimo esemplare di un animale in via d’estinzione. Le recensioni volano: «Dolce, ma non sa cucinare», «Parla di sé in terza persona, ma ha la patente», «Fa addormentare anche i nottambuli»… Grande condivisione, quindi, ma anche grande attenzione: se fai troppa pubblicità alla tua tata, poi magari qualcuno te la soffia… e tu devi ricominciare da capo. Ci sono anche i colpi di fortuna (talvolta vere e proprie botte di c***): qualcuno si trasferisce e libera la collaboratrice… Bingo!
Le agenzie
Per chi ha un po’ di budget e poco tempo, ci sono le agenzie… a patto di essere pronti a un vero e proprio interrogatorio: «Orari?», «Weekend sì o no?», «Budget massimo?», «Trasferte?»…
La consulente compila il profilo della famiglia – anche qui – come se fosse un casting. La tariffa è una mensilità di stipendio. Un investimento, dicono: sempre meglio che litigare ogni giorno per chi rientra prima. E poi arrivano le candidate: quella che parla come se stesse facendo un TED Talk; quella che non parla per niente, ma ti ha già rimesso in fila i peluche; quella dalla voce soave che ti saluta in inglese e ti fa temere la recita… fino a quando non capisci che è semplicemente molto brava.
Dopo settimane di colloqui e contratti e prove di 14 giorni, arriva lei: la babysitter giusta. La bambina ride, la lavatrice gira, sul frigo un post-it: «Pappe finite. Domani prendo io. Buona serata». Meglio di un messaggio dell’amante. Eppure, per sicurezza, i profili sulle app restano aperte “non si sa mai”.
Le tariffe raccontate da Ferrante coincidono con la situazione reale di Milano: una baby sitter full-time arriva spesso a 1.600–1.900 euro netti, contratto domestico incluso. Ma trovarne una veramente disponibile è difficile per un motivo semplice, matematico si direbbe: ci sono più famiglie che babysitter. Ed ecco che entra in gioco la dura legge della domanda e dell’offerta… e dei genitori esausti.
Dunque, se vi pare che trovare una babysitter a Milano sia un’impresa non siete paranoici, è proprio vero. In tutta la Lombardia la richiesta di baby-sitter e colf è così alta che ha ufficialmente superato quella delle badanti: circa il 60% delle famiglie cerca qualcuno che salvi la casa e i bambini, non la nonna.
Nell’area metropolitana Milano–Monza i lavoratori domestici dichiarati sono più di 101 mila: una cifra enorme, che però si scioglie come neve al sole quando capisci che solo circa il 64% di loro fa davvero il tipo di lavoro che serve a te. Gli altri sono impegnati altrove, probabilmente con famiglie che hanno già vinto la “lotteria della tata”.
Tra l’altro questo preziosissimo esercito silenzioso sta anche cambiando idea sul mestiere: sei su dieci dicono apertamente che nei prossimi cinque anni vorrebbero fare qualcos’altro. E chi può dar loro torto?! Io non infliggerei certi bambini nemmeno al mio peggior nemico… E poi orari elastici, chiamate improvvise, turni serali, richieste fantasiose…









