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caffe-macchinette

In fondo, lo diceva anche Mary Poppins: «basta un poco di zucchero e la pillola va giù», specie se per pillola s’intende qualche bega lavorativa che si affoga, tra imprecazioni e sospiri, in un bicchiere di caffè. Avete letto bene. Qui si parla di bicchierini di plastica, quelli trasparenti che ustionano le dita e si accompagnano agli ambigui stecchini bucherellati che finiscono irrimediabilmente mangiucchiati e sbausciati nella pattumiera.

Tutti gli studiosi, da che mondo è mondo, attribuiscono l’appartenenza del rito del caffè agli abitanti dell’italica penisola, ma non è l’unico primato che deteniamo, siamo infatti anche i Re delle macchinette!  

Un minuto di silenzio per ogni Moka in ascolto.

Secondo Confida, ci sarebbero 800mila distributori automatici in Italia che erogano ben 3miliardi di bicchierini all’anno e la cifra è in continua crescita. Al secondo posto segue la Francia e al terzo la Germania, che però detiene il primato sui prodotti totali venduti (5.5miliardi). Cade il sipario miei cari: 1 italiano su 2, seppur accompagnandolo al quotidiano papiro di fa schifo/ quello del bar è meglio/ meglio le 7 piaghe d’Egitto o una borsa Carpisa, prende il caffè alle macchinette.

Beccati!

Le macchinette del caffè non sono solo, nero su bianco, la prova lampante del nostro tradimento nei confronti di quella povera tradizionalista – e forse un po’ bigotta – della Moka, sono la dimostrazione che, anche per il collega disperato pronto a broccolarti con la proposta del caffè, gira la ruota e anche l’economia: potrà risparmiare 0,60 cent invitandoti non una, ma a ben due volte!

Secondo il sociologo dei consumi Vanni Codeluppi, la faccenda però è semplicemente un cambio di abitudini che va per così dire, abbracciato. Nulla di così tragico che un dolcificante non possa tamponare.

«La macchinetta del caffè è la prosecuzione di quel rito. Il bar, il luogo privilegiato per il caffè e per le interazioni sociali ad esso collegate, è stato inventato in Italia. È il punto in cui si evade per una pausa rapida ma indispensabile, e infatti è installata soprattutto nei luoghi di lavoro».

Nello specifico, il 36% si trova nelle aziende, il 17% negli studi di freelancer, il 13% in attività commerciali, l’11% in scuole, università ed edifici sanitari.

«Le macchinette si sono inserite nel processo per cui prendere il caffè non è semplicemente consumare una bevanda calda o energetica, ma stabilire e rinsaldare rapporti» continua.

Sarà che fatturare docet, ma sempre a proposito di distributori, siamo il popolo europeo che proprio non ce la fa a tener chiuso il portafoglio. Dobbiamo far girare l’economia a tutti i costi: il secondo prodotto più comprato dagli italiani alle macchinette è la bottiglietta d’acqua (mezzo miliardo ogni anno).  Sì, quella che trovi al super ma paghi due volte tanto solo perché non vuoi fare il poraccio che se la porta da casa.

Non disdegnamo neanche snack dolci, salatini e tè caldo. Le bibite gassate gonfiano per l’amor del cielo, sei matta?! e quindi preferiamo i succhi di frutta fresca o secca (+50%).

Ma non solo diabete, carie, morte precoce e carenza di vitamine e monetine: «I produttori italiani sono leader a livello mondiale e rappresentano un esempio pratico di eccellenza della tecnologia italiana da esportazione».

Evviva, insomma!

Credit immagine copertina

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