In un momento storico in cui il top della cucina è l’hamburger, il vero Imbruttito lo riconosci dal fatto che, all’All you can eat, dice: «Oh, ma un po’ di zafferano su sto riso, no? Con tutte le robe buone che c’abbiamo noi, dobbiamo mangiare queste Giargianate?!»
Perché per un milanese vero, il risotto giallo è come il colesterolo: ce l’ha nelle vene.
Ma come ha fatto il Risotto giallo alla milanese a diventato il piatto Imbruttito per eccellenza?
Come sempre, ci sono delle storie più o meno vere e leggende metropolitane.
Prima la leggenda: verso la metà del 1500, gli artigiani che lavoravano alla costruzione del Duomo venivano sfamati con dei ciotoloni di riso bianco.
I simpaticissimi straricchi della città, che amavano il lavoro tanto da osservarlo tutti i giorni (la versione antica degli umarell da cantiere, per intenderci, con in più l’ambitissima skill di non saper fare niente), un giorno versarono nel riso bianco lo zafferano, spezia che veniva utilizzata dai vetrai per colorare di giallo le vetrate della nostra cattedrale. Che scherzone!
I simpaticoni pensavano di avere mandato in malora il pasto, ma gli operai, che si sa, son persone che quando hanno fame mangerebbero pure le rotaie del tram, se ne sono sbattuti e hanno inforcato il riso diventato giallo.
Reagendo più o meno così:
Una storia più precisa e accreditata, invece, è questa: l’anno è il 1574 (siamo sempre lì) e il vetraio belga Valerio di Fiandra aveva preso casa a Milano perché lavorava alle vetrate del Duomo.
Il giorno del matrimonio della figlia, i suoi colleghi vetrai, sapendo che lo zafferano era già una spezia usata nella cucina araba ed ebraica, lo fecero aggiungere al risotto che gli invitati avrebbero mangiato.
L’intento era semplicemente quello di far diventare il riso del colore dell’oro, così che fosse simbolo di prosperità per la coppia. Ma il suo sapore era tale che presto divenne il piatto più richiesto anche nelle osterie e nelle taverne di tutta la città.
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