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Lifestyle
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Imbruttiti, ne avete le balle piene delle solite classiche mete per un weekendino fuori porta? Basta con l’ape sul Garda o sulle rive del lago di Como. Stop anche alla sciatina a Courma o allo shopping compulsivo a Bèrghem. Niente posti inflazionati da Giargiana: il prossimo fine settimana si va alla scoperta di mete insolite, ma comunque top, a due passi della City.

 

Castelseprio e Monastero di Torba: due testimonianze inestimabili dell’epoca longobarda.
Iniziamo dal Parco Archeologico di Castelseprio e il monastero di Torba, in provincia di Varese, a neanche 50 km da Milano. E partiamo col botto perché stiamo parlando di siti Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco. Mica male, oh! Hanno visto il loro periodo di maggiore splendore sotto il regno dei Longobardi ed è possibile effettuare visite guidate per apprezzare ancora meglio le loro peculiarità.

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Il monastero di Torba ha avuto varie funzioni nel corso della Storia: nato come un avamposto romano, è stato poi trasformato in un convento di monache benedettine e, in età napoleonica, è diventato un insediamento cittadino. Dopo un periodo di abbandono, è stato recuperato dal FAI negli anni ’70.

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Il complesso è formato dall’edificio del monastero vero e proprio, dai resti della cinta muraria e dalla torre romana. Le parti che maggiormente spiccano sono la Chiesa di Santa Maria e la torre, entrambe contenenti tracce di affreschi risalenti alle epoche passate tra cui le famose monache senza volto.

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Se poi volete fare i fighetti, potete mangiare in un ristorante circondati da un’atmosfera suggestiva.

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Poco distante, quindi zero sbatti per arrivarci, si trova il Parco Archeologico di Castelseprio. È costituito dai resti di un insediamento (o castrum) risalenti all’epoca longobarda ed è completamente immerso nel green. Parliamo di ben 130.000 metri quadrati di superficie boschiva, di cui 55.000 aperti al pubblico. Il castrum è circondato da poderose mura di cinta che difendono anche l’avamposto di fondovalle e il monastero di Torba di cui abbiamo parlato prima.

Il pezzo forte anche in questo caso sono gli affreschi della chiesetta di Santa Maria Foris Portas che risalgono all’epoca ottoniana.

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Non c’è certezza sul secolo di costruzione di questo gioiellino: per alcuni fu eretto tra il VI e il VII secolo, per altri tra l'VIII e il IX secolo. Si trova all’esterno delle mura ed è tra i monumenti più singolari e importanti dell’Alto Medioevo per l’eccezionale ciclo pittorico dell’abside orientale.

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È infatti ricoperto da una serie di affreschi dedicati alla natività e all’infanzia di Cristo e ispirati ai vangeli apocrifi di tradizione orientale.

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All’interno dell’Antiquarium, poi, c’è anche un piccolo museo. Per le family con nani al seguito, c’è la possibilità di fare un picnic nell’area del parco adibita ad hoc.

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La Diga del Panperduto, dove tornare tutti un po' bambini.
Una meta senza dubbio originale, ottima anche per i nani, è la Diga del Panperduto, a Somma Lombardo (VA). Sappiamo cosa state pensando: no, non c’è solo l’aeroporto internazionale di Malpensa a Somma. Progettata dall’ingegner Eugenio Villoresi e Luigi Meraviglia nel gennaio del 1868, ancora oggi è uno degli snodi idraulici più importanti della Lombardia. La si può definire senza dubbio come un gioiello di idraulica industriale.

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Da qui, parte delle acque del fiume Ticino sono deviate per formare il canale Villoresi, usato anche per l’irrigazione, e il canale Industriale. È possibile ammirare il tutto in autonomia da fuori, passeggiando sulle sponde del Villoresi, ma anche prendere parte alle visite guidate.

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Della durata di circa un’ora e mezza, permettono di esplorare la diga, l’opera di presa, la scala di risalita dei pesci, nonché lo sfioratore e l’incile dei canali. All’interno del complesso è presente anche il Giardino dei giochi d’acqua, per comprendere e sperimentare il movimento e la potenza dell’acqua. In pratica è una vasca d’accumulo dove poter tornare tutti un po' bambini grazie a installazioni, mulini, paratoie, canaline e pompe per capire meglio come funziona la forza idrodinamica e cinetica delle acque.

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Nel marzo 2016, poi, ha aperto il Museo delle Acque Italo-Svizzere. È nato dal recupero di un edificio che un tempo era destinato alle attrezzature per la manutenzione. Posto al centro dell’isola di Confurto, ha l’obiettivo di illustrare l’origine, la storia e la complessità funzionale e strutturale del bacino idraulico del Ticino. Il focus qui è nei confronti del bene primario del posto: l’acqua, presentata come elemento fondamentale per l’agricoltura, il paesaggio, l’alimentazione e la produzione di energia elettrica.

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Ma perché questo strano nome? Ci sono due versioni riguardo la sua origine. Secondo la più accreditata deriverebbe dalle parole pane mancato, in quanto all’epoca si pensava che lo sforzo economico richiesto per la sua realizzazione non sarebbe stato compensato dai benefici che avrebbe portato in materia di irrigazione. Questa versione è supportata anche dal fatto che durante gli scavi del Naviglio Grande a Tornavento, poco distante, ci fu una grande alluvione che compromise e rallentò i lavori.

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La seconda versione, invece, sostiene che il nome deriverebbe dalla traduzione di pane come incasso mancato. In queste località, infatti, prima della costruzione delle varie dighe vi erano delle rapide molto pericolose sul Ticino. Spesso i barcaioli, durante il trasporto delle merci verso Milano, si capovolgevano a causa di queste, perdendo così il carico.

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Che dite, vi abbiamo convinto? Non ancora? Allora vi lasciamo un’ultima chicca. La diga è famosa per i magnifici tramonti che regala, con i colori del cielo che si rispecchiano in quelli dell’acqua. Figo, né?

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Villa Della Porta Bozzolo: tra interni sfarzosi e un giardino all’italiana da favola.
Tra Laveno Mombello e Luino, due splendide località sul Lago Maggiore, c’è invece la Valcuvia che ospita la scenografica Villa Della Porta Bozzolo. Qui sembra letteralmente di vivere in un’atmosfera da film del Cinquecento, l’epoca in cui fu costruita per volere del notaio Giroldino Della Porta. Il ricco possidente della zona voleva realizzare per sé e per la famiglia una residenza elegante, ma allo stesso tempo dall’animo agricolo.

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All’interno troviamo infatti un trionfo del rococò con numerosi affreschi che ancora oggi caratterizzano la villa e con arredi originali risalenti al 1700 (i lavori durarono fino al 1745). Spicca su tutte la sala da ballo, con suoi colori pastello e ricca di affreschi prospettici.

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Ci sono inoltre la sala da biliardo e il salottino della musica con il suo pianoforte impero. Al primo piano troviamo la galleria affrescata con figure femminili che rappresentano le sette Virtù da cui si accede al salone e alle camere da letto.

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Nel piano interrato, poi, c’è spazio per le aree più rustiche e destinate ai lavori domestici, come le cucine e la cantina dove è conservata una ricca collezione di bottiglie d’epoca.

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All’esterno, invece, non manca quel richiamo all’agricoltura tanto voluto dal Della Porta con un enorme torchio per la produzione del vino (il più grande nel suo genere in tutta la Lombardia), le scuderie e una filanda per i bachi da seta. E poi c’è Lui: un monumentale giardino all’italiana che vi si parerà davanti e vi stupirà. Per sentirvi dei veri nobili c’è anche una stupenda scalinata su cui salire fino in cima per farsi fare una bella foto instagrammabile da postare sui social. Un grande classico per chi fa visita alla Villa.

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Il parco è diviso in due aree: una, caratterizzata da eleganti terrazzamenti collegati dalle due scale, giochi d’acqua e un ampio prato chiamato teatro e l’altra con il giardino segreto, uno spazio più raccolto e intimo. In cima alla salita e alla strada sterrata, infine, si raggiunge il belvedere.

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Curiosità: la presenza di una collezione di oltre 500 varietà di rose piantate secondo l’allestimento voluto dai Della Porta. Ad oggi, la Villa (passata nel 1877 alla famiglia Bozzolo) è un bene del FAI che l’ha aperta al pubblico e la gestisce.

 

Arcumeggia: il borgo dipinto.
Poco distante da Villa Della Porta Bozzolo, ci si può immergere nell’arte ad Arcumeggia, un piccolo borghetto collocato a 560 metri d'altezza con una manciata di abitanti. Certo, non c’è la folla della City, ma ad accogliervi troverete ben 160 dipinti murali che decorano splendidamente il paesino, sparsi sulle mura delle case. Non per niente dai local è soprannominato il borgo dipinto o il paese dei pittori.

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Si tratta di una realtà unica nel suo genere, avviata a partire dagli anni ’50 con l’obiettivo di combattere l’abbandono dei territori montani che il borgo stava vivendo. Per il progetto innovativo furono chiamati artisti di fama nazionale e internazionale. Ne è nata una vera e propria galleria d’arte a cielo aperto, rendendo Arcumeggia un luogo incantevole e particolarissimo. Tra i tanti autori che hanno partecipato possiamo citare: Giuseppe Montanari, Aldo Carpi, Umberto Faini, Ferruccio Ferrazzi, Francesco Menci, Eugenio Tomiolo, Carmelo Nino Trovati.

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Particolare è poi la presenza di una via Crucis accanto alla Chiesa, con le stazioni affrescate da 11 diversi artisti.

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Merita attenzione anche la Casa del Pittore, che conserva i bozzetti e le prove degli affreschi e che d’estate ospita corsi di pittura organizzati dall’Accademia di belle arti di Brera.

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Oltre a essere accorsi tutti questi pittori, Arcumeggia è stato il paese natale di uno scultore: Giuseppe Vittorio Cerini, di cui si conservano numerose opere in Italia e all’estero.

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Isolino Virginia: dove il tempo sembra essersi fermato.
Ma lo sapevate che a pochi chilometri dalla City c’è anche la più antica palafitta costruita dall’uomo risalente al Neolitico? Tanta roba! Si trova sull’Isolino Virginia, sul Lago di Varese, dove si fa un vero e proprio passo indietro nella Preistoria. Un luogo in cui il tempo sembra essersi fermato, immersi nella pace e nella tranquillità. Un’oasi in mezzo al lago, circondata dalla vegetazione e dalla fauna che qui vive indisturbata.

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Ubicato nel Comune di Biandronno, ma appartenente a quello di Varese, è uno dei siti più importanti per quanto riguarda la preistoria del continente europeo. Dal 2011 è stato inserito dall’UNESCO tra i Siti palafitticoli preistorici dell’arco alpino. Per poterlo visitare c’è un’experience da non perdere. Essendo un’isola, l’unico approdo possibile è via lago con crociere turistiche a bordo di un piccolo battellino messo a disposizione da una compagnia di navigazione interna. Il servizio è attivo a orari programmati, di norma nel periodo tra aprile e ottobre.

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Pronti però ora a tornare tra i banchi di scuola? Bene. Nel XVI secolo, l’isolino era conosciuto con il nome di S. Biagio per via della chiesa a lui dedicata. Dal 1878 porta il nome di Virginia, in omaggio alla moglie del Marchese Andrea Ponti. Ha una caratteristica forma triangolare, una superficie di circa 9200 metri quadrati ed è un’area archeologica e ambientale vincolata.

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È infatti sì provvista di un piccolo Museo Preistorico, dove si possono ammirare i resti delle abitazioni del periodo neolitico e ci si può fare un’idea di com’era vivere senza social e internet grazie a una ricostruzione di un’abitazione neolitica, tuttavia è essa stessa un museo a cielo aperto dove storia e ambiente si fondono in un equilibrio di profonda bellezza.

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Con il passare dei secoli e l’alternarsi delle epoche, diversi popoli vissero sull’Isolino e lasciarono tracce, ritenute oggi di grande rilevanza, del loro stile di vita. Le abitazioni erano generalmente costruite sul terreno ma anche sulle palafitte, proprio al limitare del Lago. L’area è stata bonificata varie volte sin dai tempi antichi e questo ha fatto sì che sia stato possibile ospitarvi sempre più persone. Vi è anche la possibilità di mangiare, organizzare feste e fare ape su prenotazione presso una piccola osteria chiamata Tana dell’Isolino. What else?

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Soncino e la sua rocca sforzesca.
Spostiamoci infine fuori dal varesotto, nella provincia di Cremona, a una settantina di chilometri dalla City e a una ventina di minuti scarsi da Crema. Ci troviamo a Soncino, un bellissimo borgo posto al centro della pianura lombarda e circondato da grandiose mura difensive.

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L’attrazione principale è la magnifica rocca o fortezza costruita dalla famiglia Sforza (sì, quegli Sforza che troviamo anche a Milano, per la precisione su volere di Gian Galeazzo Maria Sforza) nel XV secolo.

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È uno dei migliori esempi di architettura militare che la Lombardia ci offre, con i suoi 2 km di torrioni e bastioni, le tre porte e le quattro torri sugli angoli (del Capitano, Cilindrica e le torri Gemelle). I merli a coda di rondine (o ghibellini) definiscono il perimetro della rocca ed erano dotati di feritoie dove si scoccavano le frecce. Intorno alla fortezza, ovviamente, correva un lungo fossato diviso in tre sezioni, una delle quali sempre riempita dell’acqua del naviglio che scorre a fianco della città. Non manca nemmeno il classico ponte levatoio. Se non soffrite di vertigini, il modo migliore per apprezzarle è percorrere le mura.  

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Non è da meno in quanto a bellezza anche il resto del borgo, tutto da scoprire con i suoi palazzi, le chiese, le corti e i chiostri antichi.

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Spiccano l’ex filanda Meroni, con la sua architettura eclettica e la sua alta ciminiera in cotto incombente sulle mura, e il palazzo Azzanelli, risalente alla seconda metà del XV secolo e voluto da una famiglia di mercanti che commercializzava i panni lana.

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Nella piazza del borgo, invece, sorgono la torre civica, il palazzo del Podestà, il palazzo del Comune (che in realtà è un agglomerato di diversi palazzi appartenenti a secoli differenti) e la torre delle ore con gli automi, conosciuti come Matéi.

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Alle spalle di Piazza Garibaldi si erge la pieve di Santa Maria Assunta, una delle tante Chiese di Soncino ma sicuramente la più meritevole di una visita. La si riconosce per la sua facciata in cotto, con la struttura più volte rimaneggiata nel corso dei secoli. L’ultimo lavoro di restauro risale al XIX dopo un grosso terremoto che le recò gravi danni. In questa occasione è stata eretta l’imponente cupola ottagonale che precede l’altare maggiore. Il campanile, invece, è rimasto quello romanico.

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Ciò che più stupisce sono gli interni, con gli affreschi dal colore blu acceso lungo tutte le volte della navata centrale fino alla cupola. Le decorazioni sono in stile neobizantino, su cui spiccano la tela con protagonista Vespasiano che fa liberare Giuseppe Flavio e un affresco medievale che ritrae la Santissima Trinità con le tre figure rappresentate come tre soggetti identici.

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Ma non solo Chiese e fortezze, a Soncino c’è anche il museo della stampa. Nel passato, infatti, il paese è stato un fiorente centro di stampa grazie al lavoro di una famiglia ebraica proveniente dalla Germania nel XV secolo. Un posto mica da ridere, visto che qui è stata stampata la prima Bibbia ebraica completa di accenti e vocali.

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Imbruttiti, allora che dite? Su quale di queste mete avete buttato l’occhio? E mi raccomando: se seguite i nostri suggerimenti, taggateci nelle stories!

Articolo scritto da Rebecca Manzi

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