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Lifestyle
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Ma che bello è il Salotto di Milano, dove una borsa costa come una RAL, dove pure il McDonald è pettinato e dove la maggiore difficoltà è divincolarsi tra turisti che, in mezzo ai maroni, si fanno 300 selfie al minuto.

La Galleria Vittorio Emanuele II è uno dei gioielli di Milano, un’opera architettonica maestosa da conoscere per senso Imbruttito di appartenenza e perché riserva qualche chicca. Ecco allora 6 cose che (probabilmente) non sapete su di lei:

1_Costruita a tempo di record (con ipotesi di suicidio del capo progetto)

Phega che efficienza: fu proprio Re Vittorio Emanuele II a posare la prima pietra della Galleria, il 7 marzo 1865, e dopo soli tre anni (nonostante il fallimento di una società appaltatrice e il conseguente rallentamento) la Galleria l’era bela che pronta. Peccato che Giuseppe Mengoni, architetto ed ingegnere emiliano, ideatore del progetto, non riuscì ad esserci all’inaugurazione perché morì precipitando da un’impalcatura durante un’ispezione. Un incidente secondo alcuni, un suicidio per altri.

2_Napoli ha copiato Milano, per 5 motivi

Alura, la Galleria Vittorio Emanuele II e la Galleria Umberto I di Napoli sono entrambe strabelle, e si assomigliano molto per 5 ragioni. Primo: entrambe sono intitolate a un Re, ossia Vittorio Emanuele e Umberto (nella genealogia dei Savoia sono stati padre e figlio). Secondo: entrambe hanno la raffigurazione di 4 donne nelle lunette che rappresentano 4 continenti. Terzo: hanno la cupola grande uguale, cioè un ottagono di 36 metri che sorregge una mastodontica struttura di ferro e vetro. Quarto: entrambe hanno decorazioni che sono un omaggio alla Scienza, all’Industria, all’Agricoltura e all’Arte. Quinto: sia a Milano che a Napoli il loro passaggio converge su piazze prestigiose. San Carlo e La Scala.

E quindi? Quella di Milano è stata inaugurata nel 1867, quella di Napoli è del 1890. 

3_Gli stemmi delle quattro capitali del Regno

Sul pavimento si trovano gli stemmi delle quattro capitali del Regno Italico.

Date una occhiata: c’è lo stemma di Milano, quello con il Giglio di Firenze, la Lupa di Roma e il Toro di Torino.

4_Altro che scaramanzia: schiacciare le palle del toro è un insulto

C’è chi dice che sia necessario fare tre giri sulle palle del toro, chi ne basti uno per avere fortuna. Ma, premesso che potete farne pure venti di giri ma il #maiunagioia continuerà a vincere, sappiate che questo gesto non nasce per scaramanzia, ma sarebbe un rituale nato per schernire i torinesi: quello in galleria è infatti il simbolo del capoluogo piemontese e, siccome i rapporti non sono sempre stati ottimi, ecco come si reagiva in galleria alla vista del Toro.

5_Grace Kelly ed il risotto giallo in Galleria

In Galleria si riuniva a bere e mangiare la grande borghesia e i VIP. Ed è qui che Grace Kelly si gustava la cucina milanese quando era in città: la principessa Grace avrebbe, infatti, dichiarato di aver mangiato da Savini il miglior risotto allo zafferano di sempre.

6_Tutte le insegne devono essere uguali

Lasciate la vostra creatività voi che entrate: nel centro commerciale del Lusso di Milano tutte le insegne sulle vetrine devono rispettare l’immagine di marca della Galleria e devono essere uniformemente scritte in oro su fondo nero. Pure il McDonald’s.

7_Il Lavorato da bere in Galleria

Andate al Camparino e chiedete un Lavorato: è un cocktail storico che si può provare solo qui, con un’edizione speciale di rabarbaro. Disponibile sia nella versione secco, sia dolce. Anche se non ci sono conferme, sarebbe uno drink che i lavoratori negli scorsi decenni si facevano al bar milanese dopo la giornata lavorativa. Ed avendolo provato, posso confermare: è stratop, buonissimo.

 

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