Ho 14 anni e sono in piedi in equilibrio precario su una sedia della cucina nel vano tentativo di riuscire a raggiungere lo scompartimento più alto della credenza. Quello dove mia mamma ha nascosto un’altra volta il mio nuovissimo Game Boy con il leggendario dischetto Pokemon Giallo. Perché? Non ricordo, è successo un paio di giorni fa ma sono disposto a scommettere che l’averle detto che deve imparare a farsi i cazzi suoi possa avere avuto un ruolo determinante.
Purtroppo sono così impegnato a spingermi sulle punte delle mie BullBoys lampeggianti, da non rendermi conto che dietro di me, disposta lungo il tavolo della cucina, c’è una sterminata fila di bicchieri di cristallo che la mammetta ha disposto in vista di chissà quale ricorrenza.
Ignaro del pericolo, mi spingo un po’ più sù, cercando di emulare la scena finale di Space Jam in cui Micheal Jordan si allunga a canestro, con l’unica differenza che io più che con MJ, ho atleticamente più punti di contatto con Giordano, il panettiere all’angolo. Niente da fare: volo carpiato con atterraggio su bicchieri di cristallo per un danno complessivo di mille mila euro. Io, che sono a terra a metà tra la vita e la morte, non sono minimamente preoccupato per le mie precarie condizioni fisiche ma, bensì, sento distintamente i passi di mia madre che si sta dirigendo verso la cucina con la stessa pace interiore di Sgarbi e la leggerezza di una parata nazista. Come me ne esco? Semplice.
«MAMMA TE LO GIURO NON È COME CREDI. CI VORREBBE IL MOVIOLONE! VOGLIAMO LA MOVIOLA IN CAMPO! VOGLIAMO LA MOVIOLA IN CAMPO! VAI COL 3DDD!»
Mi sveglio in un bagno di sudore. La mia ragazza mi guarda con lo sguardo tipico di chi cerca di capire i malati di mente, e si limita a chiedermi se io stia bene e per quale motivo stessi gridando. Fin qui, direte voi, nulla di strano. Se non fosse che poi si spinge a pronunciare alcune immonde parole: «…ma poi amore, cos’è un moviolone?». Il cuore fa un tuffo carpiato giù dalla cassa toracica per andare a impiccarsi con l’intestino tenue. Il dolore è francamente insopportabile. Una ferita nell’anima degna dei momenti più bui della storia: la guerra, l’eliminazione di Filippo dal Gf o la lite tra Antonella Elia e la Yespica all’Isola dei Famosi.
Come figa si fa a non conoscere il moviolone? Sarebbe come non conoscere la lampadina di Edison, il telefono di Meucci o il triccheballacche di Orlando Portento. Moviolone vuol dire una cosa e una soltanto: Aldo Biscardi, sua maestà arancio. Il Donald Trump della tv italiana.
Come dimenticare le sere con papà a guardare Il processo del Lunedì, programma che nessuno ha mai veramente chiamato così e che nel giro di poche stagioni, grazie all’indomabile carisma del leader maximo Aldo, divenne per tutti Il processo di Biscardi: l’arena del calcio mondiale. Sì, perché quello era molto più di un semplice programma televisivo, era un esperimento sociale. Biscardi ebbe la geniale intuizione di capire come niente dia più soddisfazione agli italiani di urlarsi parole a casaccio prima e dopo le partite di calcio. Quelle che fino al suo arrivo erano state per troppo a lungo sminuite come semplici chiacchiere da bar, con lui divennero il cuore di un programma di culto della tv italiana. Sì, ma chi andava ospite al processo? Tutti. Sportivi, giornalisti, addetti ai lavori, politici, analfabeti funzionali, stregoni, insomma chiunque. Uno studio televisivo composto al 99,9% da uomini che passava 3/4 del programma a ululare alla povera valletta, rea di essere figa, chiamata con il solo compito di scandire le pause pubblicitarie di questa arena del trash. Compito che il più delle volte non riusciva neppure a compiere, dato che Aldo, da numero 10 instancabile, cercava di fare tutto da solo, dando vita a dialoghi di questo tipo:
«No…vabbè mandiamo la puBBBlicità. – si ricorda di avere una valletta pagata solo per fare quello – ah no aspè… dai, dai dillo tu!»
Capolavoro. Maestro di comunicazione e buone maniere.
Di lui si ricordano anche le moltissime battaglie in trincea. Come dimenticare, ad esempio, la petizione per convincere i calciatori della nazionale a cantare l’inno di Mameli? L’Italia dello sport spaccata in due tra chi sosteneva che fosse una vergogna che calciatori miliardari non facessero neppure lo sforzo di cantarlo e chi riteneva che non cantare l’inno non fosse poi questa tragedia. Io appartenevo alla terza fazione, quella che sosteneva che i calciatori, non sapendo leggere, sarebbero stati al massimo in grado di ricordare le parole di Dragostea Dintei.
Indimenticabile anche quella telefonata in diretta con l’allora Presidentissimo Silvio Berlusconi, che in quel periodo era solito chiamare tutti gli studi televisivi d’Italia, da Santoro fino a Quarta Rete (seppure per motivi diversi). Questa volta però il cavaliere trovò pane per i suoi denti. In anni in cui l’opposizione latitava, il buon Aldo si erse a difesa dei più deboli con quello stordente «per lei il pluralismo è un OBZIONAL» che presto avrebbe sostituito Hasta la victoria siempre sotto le magliette di Che Guevara.
Come non citare poi, il suo vero cavallo di battaglia, la sua My way: la moviola in campo (o Cambo, come la chiamava lui). In anni in cui i telefonini riuscivano a malapena a mandare gli Sms, il Biscardi nazionale aveva già capito che la soluzione per ogni male sarebbe stato l’utilizzo della tecnologia a sostegno delle decisioni arbitrali. Una battaglia che aveva preso il via proprio con la creazione dello storico MOVIOLONE in 3D, l’astuta mossa con cui Biscardi aveva deciso di sopperire all’assenza dei diritti tv. Come lo faccio un programma calcistico senza le immagini?, avrà pensato lui. Eureka! Uso un videogioco. Perché di questo si trattava: due giornalisti in collegamento da un campo di calcio virtuale che cercavano di ricostruire le dinamiche di goal, fuorigiochi e situazioni al limite. Ovvio non si capisse un cazzo, ma non è che Avatar fosse molto meglio.
La storia gli ha poi dato ragione ed è incredibile che Aldo abbia deciso di andarsene l’anno scorso, proprio l’anno in cui la Serie A ha deciso di dare il via a quella moviola in campo da lui tanto sognata. La fine di un ciclo.
Grazie di tutto Aldo, non sai quanto ci hai fatto divertire.
PS Mi permetto infine di segnalare una perla di Biscardi ai più sconosciuta, il video promo per l’edizione De Agostini del CD-ROM English for you e quel DENGHIU per stomaci forti.
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