La domanda è: perché no? Per quelli che già stanno ironicamente alzando il sopracciglio, facciamo presente che i Navigli milanesi sono l’espressione della cosiddetta civiltà dell’acqua in Lombardia attraverso i secoli. E no, non solo l’abitudinaria location per l’aperitivo tra amici.
Spieghiamo meglio: i 40mila km di logge, 1000 e più fontanili, 131 impianti adibiti all’irrigazione di 700mila ettari di campagne, rappresentano al meglio il concetto di progresso e modernità raggiunto tramite la realizzazione e la gestione delle opere idriche.
Quindi, a conti fatti, perché non far partire l’iter di riconoscimento dei Navigli come patrimonio dell’Unesco? È questo che devono aver pensato la Regione Lombardia insieme ai Consorzi di bonifica e di regolazione dei laghi, l’Associazione Nazionale Bonifiche Irrigazioni (ANBI) e il Comune di Milano.
La candidatura presentata vede al suo interno: 23 grandi impianti di bonifica e derivazione collocati in più province; musei ed ecomusei; 10 fontanili di rilevanza; il Naviglio Grande, Pavese, Martesana, il Naviglio di Bereguardo e quello di Paderno.
Se tutto dovesse andare secondo i piani, la Lombardia salirebbe a quota 12 siti Unesco, mentre l’Italia, nella sua totalità, a 55. L’operazione è atta a valorizzare dal punto di vista economico e turistico i nostri cari Navigli. Non sarà semplicemente una medaglia con cui farci belli.
Dovremo però aspettare l’estate per sapere se la proposta sarà accolta, e un annetto circa per il verdetto finale.
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