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Avevamo appena scoperto che Milano è 22esima al mondo per costo della vita e ne stavamo gioendo, e invece siamo daccapo. Se restringiamo il campo e guardiamo nel nostro piccolo orticello con la lente d’ingrandimento, salta subito all’occhio il prezzo del mattone. In tutta la Penisola è solo a Milano, infatti, che raggiunge picchi notevoli per quanto riguarda i rincari.

Negli ultimi due anni, su 61 quartieri, il prezzo degli appartamenti di livello medio è aumentato fino al 40%. Fate conto che la media cittadina delle variazioni biennali si aggira attorno al +12,1% e città come Napoli (+2,4%), Roma (+4%), Torino (3%) viaggiano su percentuali nettamente inferiori. Rispetto alla situazione del mercato di 10 anni fa, invece, il divario dei prezzi è molto alto: 14,3%.

Qui vi riportiamo le tabelle della ricerca effettuata da l’Economia inerenti i dati di mercato 2018 di Tecnocasa – pubblicati su Corriere.it – a cui, per completare l’opera, si è aggiunto uno studio di Nomisma ed Engel & Völkers.

Signori e signori la regina degli incrementi è la zona in inculandia di Comasina che, al contrario di quanto si possa pensare, è un investimento vantaggioso: è ben servita dai mezzi e con soli 100mila euro si può comprare un bilocale (350 euro di mutuo con un anticipo di 40mila).

Al secondo posto in classifica c’è l’Isola, che con tutte le riqualifiche, ammodernamenti vari e archistar che ci costruiscono a piacimento, ha cifre ben diverse. In forte ripresa anche via Morgagni, via Plinio, Sempione con la nuova linea blu e Porta Romana-Crocetta.

Se comprare è difficile, affittare un bilocale non è da meno. I prezzi degli affitti sono aumentati nel biennio del 13,2% sopratutto nell’area di Corso Buenos Aires, molto richiesta dai turisti. Non solo centro: viale Corsica e San Siro sono altri due quartieri costosi anche per via della tatticità della loro posizione che permette di raggiungere rapidamente il centro.

Luca Dondi, amministratore delegato di Nomisma, lo dice a gran voce: «Milano è Europa, il resto è Italia», commentando le differenze tra il capoluogo lombardo e il resto del Paese. «I prezzi, con l’eccezione di Milano che ha già registrato valori in aumento nel 2018, hanno rallentato la loro discesa, ma c’è il rischio che non riescano a risalire la china quest’anno ed è possibile anche che assisteremo a un rallentamento delle compravendite, in dipendenza delle scelte economiche che farà il governo e anche dalle politiche creditizie della banche».

In alcune aree periferiche che negli anni passati hanno sofferto la crisi immobiliare si nota un ritorno di massa: tutte quelle famiglie che avevano scelto di vivere nell’hinteland – per pagare un affitto inferiore – vedendosi alzare il canone al rinnovo, hanno riconsiderato l’idea di vivere nelle verdi campagne e chiedere un mutuo.

Ma alla fine, a cosa si devono questi aumenti, oltre alle cause che tutti possiamo immaginare?

«I forti aumenti dei canoni soprattutto a Milano e nei centri a maggiore vocazione turistica sono dovuti anche al fatto che gli affitti brevi stanno sottraendo case all’offerta di locazione standard e la domanda fa fatica a trovare sbocco», ha affermato Fabiana Megliola, responsabile dell’Ufficio studi Tecnocasa.

A differenza degli affitti tradizionali, gli affitti brevi non permettono morosità e vengono per questo spesso preferiti, passando sopra a tutti gli sbatti che comporta gestire in prima persona chi vi alloggia. Se però si analizzano imposte e provvigioni, neanche questo tipo di locazione risulta una spiaggia sicura con ricavi degni di nota.

 

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