Solo a leggere Coronavirus e marchio registrato in un’unica frase, vi sarà partito un embolo. Subito vi sarete immaginati qualche mega trashata a scopo di lucro condita in salsa Teriyaki. E invece cari lettori, a fare i prevenuti, avete solo fatto una figura barbina.
Coronavirus è diventato un marchio registrato, e a compiere la mossa è stato un imprenditore cinese, in Italia da più di 25 anni. Certo, si tratta di un business, ma no, non lo farà certo diventare il Jeff Bezos emiliano.
Infatti, dovete sapere che Cristian Lin, un ragazzo di Reggio Emilia, ha deciso di combattere il Covid-19 con la sua stessa moneta, senza però guadagnarci nemmeno un centesimo. Come? Aiutando la ricerca a sconfiggere il terribile virus che sta colpendo gli abitanti di tutto il mondo.
«Sì, è vero: ho depositato il marchio “Coronavirus” alcuni giorni fa, il 28 febbraio. Ma tutto senza scopo di lucro: il ricavato lo devolveremo all’Istituto Spallanzani di Roma e al Ministero della Salute», racconta il 36enne a Il Giorno.
«Vogliamo realizzare gadget come tazze e magliette da vendere nella nostra catena di ristoranti ma anche in altre attività a scopo benefico. Come imprenditore cresciuto in Italia, è il minimo che potessi fare», continua Cristian, dalle cui parole si può cogliere il profondo rispetto e amore che lo lega all’Italia, sua patria adottiva.
Imprenditore di successo, proprietario di un’azienda attiva nel settore della ristorazione che permette a ben 250 dipendenti di portare a casa la pagnotta, neppure in questo momento di crisi ha gettato la spugna, sebbene le difficoltà da affrontare quotidianamente siano molte: «Il calo di fatturato è stato fortissimo, fino al 70/80% in alcuni locali. Abbiamo avuto due grosse botte: una a fine gennaio, quando si è diffusa la notizia dell’epidemia in Cina, e una a partire dalla fine di febbraio, quando il virus è attivato in Italia. Ora una decina di nostri ristoranti in franchising ha dovuto sospendere le attività: si tratta di quelli più vicini alla zona rossa, anche i dipendenti hanno paura di lavorare», conclude.
I gadget benefici a marchio Coronavirus, al contrario di altre iniziative di dubbio gusto, potrebbero davvero cambiare le carte in tavola.
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