Chiudi video
close adblock Il Milanese Imbruttito

Disabilita l'adblock

Ué grandissimo! Ti piace leggere i nostri articoli?
Allora non fare il giargiana, disabilita l’adblock
(così fai girare l’economia, taaac)!

close adblock Il Milanese Imbruttito

Ti ho beccato Giargiana!

Disabilita l’adblock (così fai girare l’economia, taaac)!

Ok

Lifestyle
corona-milano-1152x768-1

Quando il premier Conte ha annunciato la fine del lockdown a partire dal 4 maggio, io avevo già pianificato la mia prima giornata di fase 2: sarei andata a trovare i miei genitori. Primo, perché non li vedevo da due mesi, secondo perché non avendo un armadio gigante ma possedendo invece una valangata di vestiti (da buona shopaholic) necessitavo di fare il benedetto cambio armadio recuperando i capi più leggeri a casa dei miei.

Bene, ho stampato la mia autocertificazione, specificando con fierezza “Sto andando a trovare i miei genitori”, giusto per essere chiari. Nel caso mi avessero fermata avrebbero comunque trovato quattro sacchi di maglioni di lana nel bagagliaio, a scanso di equivoci. Comunque oh, tornare a guidare in tangenziale, con la musica a palla e il mio karaoke solitario è stata una bella emozione, lo ammetto. Per l’occasione mi sono persino truccata, manco stessi andando al colloquio di lavoro della vita. Ma del resto il primo giorno della fase 2 mi sembrava un po’ come il primo giorno di vacanza post maturità. Libidine.

In realtà lo sbatti vero doveva ancora cominciare. Ho caricato i sacchi in ascensore e li ho mandati su dai miei, mentre io mi sono fatta quattro piani a piedi: ormai temo che l’ascensore sia un piccolo covo di virus pronto a risucchiarmi. Certo, considerando la praticamente nulla attività fisica di questi mesi e la soffocante mascherina, ho scalato i quattro piani come se stessi scalando il Kilimangiaro. Ma peggio.

Alla fine, comunque, ho rivisto i miei. Almeno… credo fossero i miei. Avevano le mascherine e mi stavano piuttosto distanti, ma abitando a casa loro suppongo fossero proprio i miei genitori. Niente baci e abbracci, ca va sans dire. Eravamo contenti ma anche belli in sbattimento. Che si fa adesso? Abbiamo improvvisato, ma sulle distanze siamo stati bravi e ci siamo mossi nell’appartamento come fossimo collegati da una invisibile sbarra di metallo di un metro. Una specie di valzer: quando mia mamma arrivava in sala, io venivo naturalmente spinta sul balcone, se mio padre usciva dalla camera io mi allontanavo verso la cucina. Essendoci due bagni, grazie al cielo, uno è stato disinfettato e riservato solamente a me, con tanto di asciugamani immacolati e saponetta nuova di zecca. Ma giusto per pignoleria ho fatto la pipì accovacciata, manco fossi nel peggior cesso di Caracas.

Per il pranzo avevo pure pensato di portarmi la schiscetta da casa, ma onestamente mi sembrava brutto togliere a mia mamma il piacere di farmi da mangiare. Mi sono accontentata di portarmi le mie posate e utilizzare un bicchiere di carta, giusto per essere super prudenti. Visto che alla paranoia non c’è mai fine, per mangiare abbiamo aperto il tavolo delle grandi occasioni, quello di Natale per intenderci, in grado di accogliere 72 parenti. Io a capotavola, loro dalla parte opposta, che comunque per parlarci a momenti ci dovevamo videochiamare.

Nel pomeriggio mi è venuta la brillante idea di fare una passeggiata. Mi sembrava un buon modo per tornare a una pseudo normalità, ma avevo decisamente sottovalutato la situazione. Nel primo giorno di fase 2 c’era fuori chiunque: corridori in allenamento pre Olimpiadi, genitori con dieci figli, giocolieri, vampiri, Pokemon, pirati e qualche elfo. La camminata rigenerante si è quindi ben presto trasformata in un estenuante slalom: per evitare di incrociare le altre persone abbiamo iniziato a fare deviazioni su deviazioni, spostandoci a destra, poi a sinistra, poi imboccando una via laterale, poi fuggendo direttamente sul prato, in mezzo ai cespugli.

Poi, a questo percorso a ostacoli, si è unita una telecronaca, tra me e mia madre, dal livello di imbruttimento massimo. Abbiamo iniziato a criticare, nell’ordine: gente senza mascherina, gente con la mascherina sul collo (ma pensano sia un foulard?), gente con la mascherina sulla bocca ma non sul naso (ma perché, dal naso non respiri?), gente con la sciarpetta al posto della mascherina (non serve a un cazzo), runner che ci ansimavano addosso. Alla fine siamo tornati a casa, a lavarci ogni poro possibile con l’amuchina.

Riassumendo quindi la mia prima uscita di questa fase 2, posso dire di essermi stressata che manco la notte prima degli esami. Menomale che poi me ne sono tornata tranquilla in quarantena, con tanto di vestitini estivi perfetti da sfoggiare all’appuntamento settimanale all’Esselunga. Per quanto riguarda i miei… oh, comunque le videochiamate non sono poi così male.

Seguici anche su Instagram, taaac!


Vai all'articolo precedenteIndietro
Il Milanese Imbruttito