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Editorial
Donneviolenza

Nell’ultimo mese mi sono ritrovata con il feed di Instagram invaso da notizie, dati e informazioni sul tema donne e sicurezza

Che può sembrare una di quelle domande a quiz che si fanno al corso di primo soccorso sul posto di lavoro, ma in realtà è molto, molto, molto più complicato.

A far scoppiare questa bolla nella mia bolla, essendo distributrice compulsiva di like rispetto a ciò che fa divulgazione sul tema femminista, sono stati principalmente tre fattori: l’8 marzo, il caso Everard e il nuovo gesto antiviolenza.

Tralasciando la narrazione globale che viene fatta nel giorno in cui dovremmo celebrare i diritti delle donne e invece auguriamo loro di essere dolcemente complicate (se non peggio), partiamo dalla festa della donna per ricostruire la timeline del mio social preferito.

8 marzo
Fortunatamente c’è stato chi ha messo la giusta attenzione sull’argomento, diffondendo dati (allarmanti) su molestie e violenze subite dalle donne a lavoro, per strada o a casa. Soprattutto in quest’anno di pandemia. 

12 marzo
Qualche giorno dopo la Giornata internazionale dei diritti delle donne, Sarah Everard, una ragazza inglese di 33 anni che stava rientrando a casa alle 9 di sera, è stata ritrovata senza vita. Tra le altre cose, la polizia inglese ha intimato le donne di stare a casa per evitare di subire violenze o rimanere uccise. Everard è stata stuprata e uccisa da un poliziotto. 

16 marzo
Mia zia mi ha mandato un video su WhatsApp: una donna con in braccio il figlio spiega come fare correttamente il Signal for Help, un gesto lanciato l’anno scorso dalla Canadian Women’s Foundation per chiedere aiuto in caso di violenza domestica. In Italia, questo gesto ha aperto un dibattito sulla sua utilità: non essendo collegato a nessun protocollo di intervento riconosciuto dal centro antiviolenza italiano, il Signal for Help rischia di risultare inefficace.

signal_for_help.png

Questi tre eventi mi hanno portato a ragionare su due temi principali:

1- Le donne sono incazzate e stanche di essere trattate così (vedi le varie manifestazioni che hanno preso piede in tutto il mondo nell’ultimo periodo e la nascita di progetti e associazioni sul tema).

2- Gli uomini dovrebbero essere incazzati e stanchi tanto quanto noi, visto che vengono trattati e descritti come animali incapaci di controllarsi. 

Ma gli incazzati, purtroppo, si contano sulle dita di una mano.

Il punto uno si può riassumere in pochi aspetti. Le donne (siamo) sono stanche che sia qualcun altro a parlare e decidere per loro. Spesso, questo qualcuno è un uomo bianco di mezza età che, di solito, non ha esperienze rispetto alle molestie (subite) o la disparità di genere.

La Giornata internazionale della donna dovrebbe essere uno dei momenti in cui la società si interroga rispetto al punto in cui si trova. 

Per esempio: stiamo facendo tutto il possibile per far sì che le donne si sentano sicure a casa, al lavoro, per strada? 

Per fare qualcosa di concreto, basterebbe iniziare conversazioni di questo tipo, che oggi più che mai sfortunatamente sono attuali, e chiedere alle donne il loro punto di vista. L’8 marzo potrebbe essere l’occasione per aprire la discussione. E non semplicemente il giorno in cui offrire cene e fiori, scontare gli assorbenti per una settimana, regalare una crema mani per ogni acquisto, postare un mazzo di mimose per dirci quanto siamo speciali. No grazie.

Sul punto due invece la questione si fa molto più interessante.

Le istituzioni (leggi Stato e polizia) che dovrebbero garantire a tutti il diritto alla sicurezza, invece di darsi da fare con azioni concrete, preferiscono delegare la sicurezza delle donne, alle donne stesse. 

Da qui, nascono le classiche raccomandazioni, sulla scia di quella inglese, “Donne, rimanete in casa”. Moniti che vengono fatti dalle istituzioni ma che sono radicati nella nostra cultura. 

Ma questo tipo di atteggiamento, a mio avviso, dice molto di più su come viene percepito l’uomo, piuttosto che la donna.

Perché “Rimanete a casa” comunica, nemmeno troppo implicitamente, che l’uomo per sua natura sia incapace di comportarsi meglio di così. 

Che non sia in grado di girare per strada senza molestare o violentare una donna. 

Che proprio non riesca a non toccare culi sui mezzi o urlare porcherie alle passanti. 

Quindi mi chiedo: ma voi uomini, non vi sentite mortificati nell’essere descritti in questa maniera? Come dei mostri senza possibilità di redenzione? 

Perché io, di essere descritta come una vittima sacrificale a cui purtroppo è successo l’inevitabile, non ne posso più. O peggio, sentirmi dire che devo denunciare (senza realizzare che spesso è impossibile se non peggiorativo) ma che se poi non denuncio, un po’ è colpa mia.

Non siete irritati dalle istituzioni che non fanno il loro dovere, delegando alle comunità la loro stessa sicurezza?

La metto giù in maniera molto pragmatica: non siete furiosi perché pagate le tasse a uno Stato che invece di garantire a tutti la serenità, vi liquida come una sciagura imprescindibile?

Chiedo eh. 

womanstreetnight.jpg

Magari, la prossima volta che vi viene in mente di dire a qualcuna di stare attenta, pensateci su. 

Perché, sempre nel mondo delle ipotesi da prendere in considerazione, c’è qualcosa di più costruttivo che potete fare per cercare di risolvere davvero il problema.

Per esempio, potreste iniziare a interessarvi ai dati sulle molestie e i femminicidi, cominciando così a capire che la vittima potrebbe essere vostra sorella, madre, ragazza, un’amica o qualcuna che conoscete di vista. 

Che se metà della popolazione vive in un totale senso di ansia e preoccupazione causato dall’altro insieme di persone, è responsabilità di tutti (istituzioni e persone di sesso maschile comprese) alleviare questa sensazione.

Provate a scoprire tutte le cose che potete fare per far sentire più sicura una donna e come diffondere questo tipo di mentalità alle persone che conoscete e frequentate. 

E se proprio non sapete da dove iniziare, vi do alcune diritte:

- Per strada, evitate di camminare dietro una donna o una ragazza (o una coppia di). Cambiate marciapiede, oppure superateci chiedendo permesso

- Non fissateci. Fissarci sui mezzi di trasporto non è lusinghiero. Ci scatena il panico. Nella nostra testa pensiamo che ci state guardando come un leone guarda la gazzella. E il leone mica pensa “Cara gazzella vorrei per te il meglio, ti auguro di raggiungere i tuoi obiettivi personali e di essere sempre soddisfatta della tua vita”. E la gazzella lo sa. 

- Evitate di farci dei gesti, di urlarci dei complimenti per strada o di sussurraceli quando vi passiamo vicine. Not cool Bro. In inglese questo tipo di atteggiamento ha un nome, catcalling, ed è una molestia. Di nuovo, non ci lusingate, ci terrorizzate.

- Non seguitici. Se pensate che siamo in difficoltà per qualsiasi motivo, chiedetecelo e basta. Non seguiteci nell’intento di controllare se stiamo bene. Perché se ci seguite, non staremo bene di sicuro.

- Non obbligateci a contatti fisici che non vogliamo. Per esempio, se su un mezzo per necessità dovesse capitare, dichiarate che la vicinanza è inopportuna e spiacevole anche per voi. Questo ci rassicura sulle intenzioni.

- Smettete di dirci di stare attente, di stare in casa, di non dare modo a qualcuno di molestarci. Iniziate invece a dire ad amici, parenti e conoscenti di smettere di molestare le donne.

- Non mandateci foto (non richieste) dei vostri peni. Non so come vi immaginate che vada a finire, ma vi dico cosa succede il più delle volte: ci facciamo una grassa risata, rimaniamo disgustate e blocchiamo il mittente oppure ci preoccupiamo alla vista di palle fuori misura.

- Non lasciateci commenti sessisti sotto foto o post. Se non siete d’accordo con noi, potete esprimerlo argomentando, invece di darci delle troie o delle pompinare. Se vi piace la nostra foto, potete comunicarlo con frasi più costruttive di sborro.

- Non chiedeteci se abbiamo il ciclo. Partendo dal presupposto che non è affar vostro, quando ci ponete questa domanda il 90% delle volte è solo per screditare il nostro punto di vista. Non è divertente. È svilente e mortificante. Allo stesso modo, non domandateci se siamo nervose perché non abbiamo rapporti sessuali. Non è divertente. È svilente e mortificante. Mettere in piazza un’informazione che dovrebbe essere intima e che dovremmo decidere noi se condividere o meno, non ci fa sentire protette.

- Fate notare ad amici e parenti quando stanno facendo qualcosa che potrebbe mettere a disagio una donna.

- Ascoltateci quando parliamo di queste tematiche e chiedeteci cosa potete fare di concreto per aiutarci.

- Pretendete che la sicurezza di tutti, sia un tema prioritario di tutti. Per la nostra e vostra dignità.

Fine.

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