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Sappiamo già che la pandemia ha portato valanghe di cash nelle tasche di alcuni (vedi alla voce Jeff Bezos). Al di là di Amazon e Amuchina, però, ci sono altre realtà interessanti che con il virus hanno fatto il botto. Eh, l'è inscì. È il business, bellezza. Interessante, a questo proposito, l'approfondimento di Forbes dedicato a Stefania Triva, anni 57, amministratrice delegata di Compan, azienda produttrice dei tamponi floccati dei test per il Covid. Mettetevi comodi.

Siamo in quel di Brescia, una delle città maggiormente devastate dalla prima ondata della pandemia. L'azienda di famiglia di Stefania Triva (figlia del fondatore) produce uno speciale tampone floccato, tempestato di minuscole fibre sintetiche. Quello odiosissimo che ci viene infilato nel naso a ogni test per il Covid, presente? Odioso, sì, ma fondamentale. Sembra un cotton fioc, ma non lo è. Un cotton fioc non sarebbe mica andato bene per scovare eventuali tracce del virus. "In un batuffolo di cotone, le fibre sono attorcigliate attorno al bastoncino, creando una gabbia che intrappola il campione - ha spiegato l'ad - Ma rilascia solo il 20% di quel campione. In un tampone floccato, grazie alla meccanica di attacco delle fibre allo stick, avviene il contrario: viene rilasciato l’80%".

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Ma il tampone floccato mica è nato apposta per il Covid, eh. Questo bastoncino è stato inventato da Copan nel 2003 ed è persino diventato oggetto di contenzioso con il principale competitor dell'azienda, l’americana Puritan Medical Products. Con buona pace degli yankee, Copan ha prodotto 415 milioni di tamponi nel 2020, più del doppio rispetto al 2019. L'azienda ha così aumentato la produzione, del resto la domanda ha continuato a crescere. Forbes ci regala qualche numerino, tanto per farci un'idea: "L’utile netto è quasi quintuplicato nel 2020, a 79 milioni di dollari, su un fatturato di 372 milioni di dollari. Ha superato quella cifra nel 2021, con le vendite che sono cresciute fino a 445 milioni di dollari. Ah, ok.

E consideriamo che l’84% delle vendite di Copan proviene proprio dai celebri tamponi floccati, utilizzati in tutto il mondo dall'inizio della pandemia. Potete quindi immaginare quanto si sia arricchita la Triva. L'ad, che detiene una partecipazione del 48% in Copan, ha un patrimonio stimato di 1,2 miliardi di dollari. E visto che è un'azienda familiare, il tampone magico ha benedetto anche gli altri cinque membri della family che possiedono il resto dell’azienda: secondo le stime di Forbes, vantano oggi un patrimonio di 1,3 miliardi di dollari. In una situazione così fertile, sono arrivati a pioggia investitori interessati a mettere mano sull'azienda. Ma Triva e Co. non hanno alcuna intenzione di vendere.

"Riceviamo offerte quasi ogni giorno", ha confermato l'ad, trovando appoggio nel figlio 32enne Giorgio Triva: "Siamo in una dimensione simile ad altre aziende che di solito questi fondi li cercano". La family non ha la minima intenzione nemmeno di quotarsi in borsa. "Quando sei una società per azioni, viene limitata la tua strategia e il processo decisionale - ha spiegato Stefania Triva - Siamo finanziariamente solidi e indipendenti. E questo ci permette di crescere senza finanziamenti esterni. Adoriamo essere liberi, eclettici e veloci, sapendo che a volte dobbiamo correre rischi calcolati". Che bel mood.

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