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Editorial
donna

Come molti di voi, anche io sono rimasta turbata dalle infelicissime affermazioni di Elisabetta Franchi, ormai qualche settimana fa. La sua fierezza nel palesare che, per carità, donne giovani non ne assume perché possono avere figli. Meglio impiegate over, che hanno già fatto tutto quello che dovevano fare e possono dedicarsi h24 al lavoro. Un concentrato di tossicità, arretratezza, ottusità. Fra i tanti concetti che mi avevano disturbato, l'idea che le donne senza figli siano meglio perché libere di vivere totalmente per lavoro. Io ho un figlio, ma c'è stato un tempo - ovviamente - in cui non ce l'avevo, eppure non ho mai pensato di dover dare di più, per questo. Avevo anche io i sacrosanti cazzi miei, che se pure non avevano il ciuccio e il pannolone, meritavano tutto il mio tempo. E non ho mai pensato di dover compensare io le esigenze (ad esempio turni, permessi) delle mie colleghe con prole, anche se in molti luoghi di lavoro questa sensazione sottopelle si avverte chiaramente. 

Non sono riuscita a decifrare totalmente il mio malessere finché non mi sono imbattuta nell'interessante (e crudo) editoriale di Ilaria Maria Dondi, Direttrice responsabile di Roba da Donne. "Le donne senza figli sono sfruttate sul lavoro. Ma nessuno ne parla", ha scritto. E trovando tutto molto lucido e pennellato sulla realtà contemporanea, ho deciso di invitarla sul Milanese Imbruttito per commentare, insieme, la situation delle lavoratrici nel 2022, concentrandoci in particolare su quelle che non hanno figli. Che forse li avranno, o forse no.

Direttrice. Si parla spesso, e giustamente, delle discriminazioni che colpiscono le donne lavoratrici con figli. Il problema riguarda, però, anche le donne senza prole. Discriminate spesso già in fase di colloqui perché, come dice lei nel suo editoriale, sono "potenzialmente madri". La situazione in Italia è così pessima?

Con e dopo la pandemia credo di poter affermare che sì: è pessima. Lo dicono i dati, non io. Le donne lavoratrici sono passate dai 9,842 milioni di dicembre del 2019 ai 9,530 milioni del dicembre 2020 (312mila unità perse); di contro i lavoratori maschi sono passati da 13,441 milioni a 13,309 milioni (132mila unità perse). Ma è guardando alla ripresa occupazionale che si capisce la portata della discriminazione: il 49,6% dei contratti sottoscritti dalle donne nel 2021 è part-time, contro il 26,6% di quelli degli uomini (Gender Policies Report 2021, Inapp).

Ma tra le donne la solidarietà esiste o è solo un bell'ideale? Penso ad esempio al "caso" Elisabetta Franchi, che preferisce assumere donne over 40 perché hanno già fatto figli o non possono più averne.

Elisabetta Franchi ha dichiarato pubblicamente quello che la maggior parte degli imprenditori e delle imprenditrici fa senza dire una parola. Non la sto difendendo, tutt'altro. Ma questo credo c'entri poco con la domanda sulla solidarietà tra donne. Esiste? Io dico di sì: ed è un fiume in piena che la società cerca di minimizzare o svalutare, strumentalizzando casi come quello di Franchi, appunto. Noi donne nasciamo e cresciamo in una società maschilista, tanto quanto gli uomini: se non sviluppiamo consapevolezza, allo stesso modo dei maschi, agiamo e agiremo in modo maschilista. Ma la scoperta della sorellanza è qualcosa che può cambiarti e cambiare la vita. Sì, la solidarietà tra donne esiste. 

Ma davvero la donna senza figli viene vista come una specie di robot da sfruttare h24? Cioè, la sensazione che si ha è che se una donna non si occupa di bambini fuori dal lavoro significa che non ha niente di importante da fare. Come se il personalissimo e sacrosanto tempo libero non contasse nulla. Come se una donna senza figli fosse necessariamente una carrierista.

Ho scritto l'articolo Le donne senza figli sono sfruttate sul lavoro. Ma nessuno ne parla nonostante io sia madre, perché sì, è evidente che se sei donna e non madre c'è un pregiudizio sociale che agisce a più livelli, tra cui quello professionale. Fino ai miei 35 anni, cioè quando è nato mio figlio, il mondo del lavoro ha dato per scontato che io fossi libera di fare straordinari (spesso non retribuiti), impiegare i miei weekend e sopperire alle legittime necessità familiari delle colleghe mamma. "Cosa avrai mai da fare di più importante che badare a un figlio, a un marito o a una famiglia?", è la domanda, sottintesa a volte, altre palese, con cui si caricano di incombenze professionali le donne senza figli. Possiamo darci le attenuanti che vogliamo: ma anche questa è discriminazione. 

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Che cosa può fare la singola donna vittima di discriminazioni. Denunciare? Chiedere aiuto? E a chi?

Non siamo ancora in grado di tutelare la maternità, nonostante viviamo in una società pro natalista, in cui la donna è spesso identificata nella sua funzione riproduttiva. Figuriamoci se abbiamo gli strumenti per tutelare le donne childless o childfree. Possiamo però cominciare a parlarne, collettivamente: madri e non, senza distinzioni. Il tema, peraltro, non riguarda solo noi donne. Il grande errore, a mio avviso, è quello di continuare a opporre categorie: mamme contro non mamme, donne contro uomini... Dimentichiamo sempre che le battaglie per i diritti non riguardano sono le persone discriminate, ma sono battaglie di civiltà: ci riguardano tutte e tutti. 

Lei scrive: "le aziende dovrebbero agire senza neppure porsi la questione del genere o dello stato riproduttivo della o del dipendente". Quanto siamo lontani da questo ideale?

Molto. Perché se le multinazionali o le grandi aziende possono permettersi scelte etiche doverose, anche se non scontate, non dobbiamo dimenticarci che l'Italia è fatta per lo più di piccole e medie imprese in cui il potenziale riproduttivo delle dipendenti può, oggettivamente, costituire un problema. Va ripensata un'intera struttura organizzativa e legislativa del lavoro. Va fatta una riflessione che non riguardi solo le donne, ma anche gli uomini. L'articolo 1 della Costituzione italiana recita: L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. L'articolo 4 precisa: La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società. Mi sembra evidente che, allo stato attuale, siamo ancora in difetto rispetto a due articoli fondanti e fondamentali della nostra Costituzione.

Imbruttite, vi siete mai sentite sfruttate sul lavoro o discriminate perché non avete figli?

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