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Beh raga, abbiamo già perso metà del tempo disponibile. Per cosa, dite? Per salvarci dall’estinzione. O almeno è quello che diceva il libro I limiti della crescita, edito dal Club di Roma, un'organizzazione internazionale di scienziati e intellettuali fondata nel 1968. Ma non lo diceva l’altro ieri, bensì 50 anni fa. In pratica siamo giunti a metà del tempo che ci rimane.

Il libro al tempo ebbe un enorme successo – venendo tradotto in ben 30 lingue – e scalpore, vista la previsione a dir poco catastrofica. Ma non mancarono le accuse, visto che tale profezia si basava su un modello computerizzato decisamente scadente, che simulava sistemi complessi in maniera fin troppo semplicistica.

Arrivati a metà strada, è tempo di guardare a cosa abbiamo fatto e a cosa è cambiato in vista di quelli che potrebbero essere i nostri ultimi 50 anni di storia. Per questo, lo stesso Club di Roma ha pubblicato un nuovo libro, Limits and Beyond: 50 Years on From The Limits to Growth, What Did We Learn and What's Next?.

Quello che dovrebbe farci preoccupare, secondo il vice-presidente dell’associazione Carlos Alvarez-Pereira, è una combinazione di cinque variabili principali: crescita della popolazione, produzione alimentare, produzione industriale, sfruttamento delle risorse naturali e inquinamento. In pratica, se un paio di queste vanno oltre il limite (come praticamente stiamo facendo da 100 anni), we are fucked. E il problema è che negli scorsi 50 anni abbiamo fatto poco e niente per invertire la tendenza: “Ciò che il sistema ha fatto è stato bruciare il futuro. E il futuro è la risorsa meno rinnovabile. Costruendo un sistema sempre più orientato al debito – dove continuiamo a consumare, creando però sempre più debito – quello che stiamo facendo è bruciare o rubare il tempo dei posteri”.

La soluzione? Rallentare, e anche di brutto: “Dobbiamo considerare che il benessere deriva dalle relazioni, e non necessariamente da un alto grado di consumo materiale. È la qualità delle nostre relazioni con gli altri esseri umani, con la natura, che rende possibili gli scenari in cui è possibile separare il benessere dalla crescita dei consumi. E si può ridurre drasticamente l'impronta ecologica dei paesi ricchi”. Per fortuna pare che qualcosa, almeno a livello culturale, stia cambiando per il meglio. E c’è poco da negare: o si cambia o sono cazzi: “A livello di aziende, a livello ufficiale, le cose stanno andando nella direzione sbagliata. A livello culturale, sotto la superficie, scommetto che molte cose stanno andando nella direzione giusta. La rivoluzione umana è già in atto, solo che non la vediamo”. C’è speranza, dai.

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