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Fitspiration: guardare sui social le foto fighe di chi fa sport fa male alla salute (mentale), dice uno studio

Se è vero che tra i buoni propositi abbiamo inserito anche “andare in palestra e restare costanti almeno per tre mesi”, è probabile che per caricarci a palla ci stiamo intrippando con le foto patinate sui social di fisici scolpiti, addominali squadrati e gente sudata ma tonica e bellissima che smanetta con pesi, manubri e […]

Se è vero che tra i buoni propositi abbiamo inserito anche “andare in palestra e restare costanti almeno per tre mesi”, è probabile che per caricarci a palla ci stiamo intrippando con le foto patinate sui social di fisici scolpiti, addominali squadrati e gente sudata ma tonica e bellissima che smanetta con pesi, manubri e attrezzi vari. Questo fenomeno, chiamato fitspiration (fitness+inspiration), in realtà più che motivarci pare proprio che ci mandi in sbattimento. Talvolta anche bello pesante.

La maggior parte di questi contenuti è infatti associato all’hastag #fitspiration, e dovrebbe avere l’obiettivo di motivare gli spettatori social. Stando però all’analisi condotta dal dipartimento di Scienze dello Sport dell’Università di Malmö, in Svezia, pubblicata sulla rivista Physical Culture and Sport Studies and Research, le foto e i video che mostrano gente che si allena danneggiano la salute mentale di chi guarda, soprattutto se giovani donne. Aurélien Daudi, ricercatrice di scienze dello sport dell’Università di Malmö in Svezia e prima autrice della ricerca, ha affermato che alcune donne possono entrare in un trip mentale che le porta a voler fare eserizio fisico solo per avere l’approvazione degli altri. Approvazione social, principalmente.

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“Rappresentare completamente te stesso attraverso un’immagine è in realtà impossibile, in quanto non è possibile catturare tutto ciò che sei come persona attraverso un’immagine, – ha spiegato giustamente Daudi – All’interno di questa cultura, c’è una grande attenzione sul corpo ben allenato, attraente e sexy”. E così è molto facile che questi contenuti, invece di gasarci e di spronarci ad allenarci, ci piazzino davanti modelli idealizzati e irrealistici, che fomentano le nostre insicurezze, paranoie e menate. “Guardare le foto e impegnarsi in questo allenamento di miglioramento fisico è in realtà legato a un deterioramento dell’immagine corporea, della percezione generale di sé e del benessere mentale. La fitspiration cattura l’essenza del lato problematico dei social media – ha spiegato ancora la doc nell’analisi – Nella ricerca della perfezione, nasce un bisogno narcisistico di convalida che non può essere saziato”.

“Le immagini sui social media di solito non sono incentrate specificamente sull’allenamento stesso, anche se le didascalie spesso contengono chiari riferimenti all’esercizio – ha detto ancora la Daudi – Le immagini invece tendono a mostrare pose scelte con cura o evidenziare parti del corpo selezionate”. Tipo il culo, dai. Quante volte abbiamo visto foto assurde di chiappe toniche ai limiti dello scultoreo? Dai, saranno mica vere quelle? La dottoressa sostiene che la fitspiration consente alle donne di circumnavigare le norme sociali che circondano “l’ostentazione evidente del corpo come oggetto sessualmente desiderabile“. Una tendenza che i filosofi hanno denominato pornoflazione e sta a indicare l’esibizionismo crescente utilizzato per attirare l’attenzione sociale. Chiaro quindi che i social media, con la loro gratificazione immediata sotto forma di like e condivisioni, si prestino facilmente a questa tendenza.

Il risultato? Una situazione in cui le donne si allenano semplicemente per compiacere gli altri con i loro corpi, piuttosto per essere motivate a mettersi in forma. That’s it. Voi direte: “Saranno un po’ cazzi loro se vogliono farsi guardare, no?”. Certo, per carità. La dottoressa però ha fatto una riflessione interessante: “Il fenomeno della fitspiration – ha detto – che in superficie sembra solo qualcosa di benigno, che permette alle donne di esprimersi liberamente ed emanciparsi senza vincoli o inibizioni, sembra nascondere un lupo malizioso, pronto a depredare le crepe della facciata del proprio sé, al di sotto del quale è esposto il soggetto umano fragile e vulnerabile”. Sembra sensato, no?

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