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Editorial
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Si fa presto a dire F205!

Tutti quelli che sono nati a Milano hanno stampato sul codice fiscale questo marchio di fabbrica, ma basta davvero una classificazione burocratica per essere dei veri milanesi DOC?

Uè ciaparatt, non diciamo cagate! Non c'è mica lo ius soli solo perché nasci alla Mangiagalli. Così esordirebbe il Valter, nato e cresciuto sul Naviglio Grande, così come il suo vecchio e i suoi antenati da almeno sette generazioni. Per il Valter l'F205 è condizione necessaria, ma non sufficiente. Un purista.

Suo cugino, il Bepi, invece ha lasciato quel cortile di casa di ringhiera dove con il Valter giocavano insieme a pallone quando erano nani. Se ne è andato dalla città perché aveva bisogno di un'abitazione più grande per la family e non voleva vendere un rene. È finito a Cernusco. Alla fine della fiera trasferendosi in Martesana ha solo cambiato Naviglio, ma la linea del metrò è sempre la stessa. La verde lo conduce alle sue radici in poche decine di minuti, quando non ci sono lo sciopero dell'ATM o casini sulla linea. Il Bepi è l'emigrato.

Poi c'è la Vicky, la regina della Comasina che, essendo nata a Varedo, quel F205 sul codice fiscale proprio non ce l'ha, ma sfidiamo chiunque a dire che non è milanese dentro e fuori. Cioè no veramente, osate mettere in discussione la Queen?

Andando oltre ci sono i Giargiana, quelli come me. Nati in località che oscillano tra Inculonia e Inculandia e che a Milano ci sono finiti e restati per un misto di lavoro e casualità. Ora ci confondiamo nel tessuto metropolitano, fingendo di essere milanesi da sempre.

Tra i Giargiavip c'è la Michi che vive e racconta il jet set delle sciure più glamour della Prima Cerchia o la Chiara che, venuta su da Cremona, fa l'imprenditrice digitale. Poi arriviamo noi, centinaia di migliaia di volti meno noti, poco ricchi, very giargian people.

Gente comune che smista pacchi daggiù, da su, da di lato e che vive perennemente in bilico su quella linea sottile che collega la grande città con il proprio paesello di origine.

Anche se a corto o medio raggio siamo tutti immigrati, proprio come Mohammed che brasa kebab in Maciachini o Shun Lin che svapa ravioli in Paolo Sarpi. 

E visto che gli immigrati da ogni dove sono ormai la maggioranza degli abitanti allora alcuni, sia nei salotti buoni del centro sia alla bocciofila del Giambellino, si prendono la briga di affermare con tono nostalgico che a Milano non esistono più i milanesi.

L'ennesimo cliché, un pregiudizio sulla città di Milano e su chi la abita; come se la milanesita' fosse un qualcosa di ascetico e immutabile, un totem abbattutto quando i treni con gli scompartimenti hanno iniziato a fare capolinea in Centrale. 

Proprio per sfatare questo luogo comune è stato di recente lanciato anche un concorso letterario per racconti brevi (Milano, città di passaggio o di nuove radici?).

Questa magnifica città raccoglie le tante storie delle persone che abitano i suoi luoghi magici, che meritano di essere raccontate un po' come ha fatto Alberto Angela nello stupendo documentario Stanotte a Milano, andato in onda, non a caso, la sera di Natale sulla Rai. 

Perché non importa se per una vita o per un istante, tutti coloro che passano sotto la Madonnina diventano un po' milanesi dentro. Milano è per sempre!

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