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C'è poco da fare, i dipendenti di oggi sono infelicissimi. Ogni due per tre spunta una ricerca o un sondaggio a confermarci il desolante panorama: gente che lavora, che smanetta sul pc, che fa il suo, ma che intimamente sièrottailcazzo. That's it. BambooHR, società che fornisce software per le risorse umane, ha lanciato recentemente il suo primo Employee Happiness Index, un rapporto di riferimento trimestrale che analizza l'eNPS, aka l'employee Net Promoter Score, cioè l'indice utilizzato per misurare la soddisfazione e l'impegno dei dipendenti nei confronti dell'azienda in cui lavorano. Sintetizzando ancora: hanno fatto un check in merito alla soddisfazione lavorativa di 57mila lavoratori globali in otto settori chiave.

Risultato? Disagio.

Da giugno 2020 a oggi l’eNPS medio è diminuito del 16%. Se si considera solo l’ultimo anno, l’eNPS complessivo è sceso dell’11% da giugno 2022 a giugno 2023, deteriorandosi a un ritmo quasi 15 volte più veloce rispetto ai due anni precedenti messi insieme (che già di per sé facevano cagare eh) dimostrando che la felicità dei dipendenti è peggiore ora che durante il Covid. Che roba. È possibile - quindi - che la fine delle Grandi Dimissioni stia lasciando spazio a quella che gli americani chiamano The Great Gloom, La Grande Tristezza. Le opzioni per posti di lavoro migliori diminuiscono, il lavoro a distanza vacilla e l'inflazione record soffoca le retribuzioni. Bellamerda.

"I complessi problemi di oggi richiedono ai leader di essere proattivi, adattivi e informati sui dati per respingere la Grande Tristezza - ha commentato Brad Rencher, CEO di BambooHR. "Per avere successo in un mondo in rapida evoluzione, le aziende dovranno dare priorità all'esperienza dei dipendenti in modi reali e significativi come mai prima d'ora. Niente di meno che un approccio olistico allo sviluppo del benessere mentale, emotivo e fisico di ciascun dipendente, oltre alle sue capacità, non sarà sufficiente."

I settori più infelici sono - non casualmente - due dei settori più critici e maggiormente colpiti dalla pandemia: la sanità e l’istruzione. La felicità dei dipendenti del settore sanitario è diminuita del 32% negli ultimi tre anni (da giugno 2020 a giugno 2023), ma la metà di questo calo si è verificata - a sorpresa - solo nel 2023 (una diminuzione del 16% da giugno 2022 a giugno 2023). La felicità è scesa del 5%, 2 volte più velocemente rispetto ai due anni precedenti. Non benissimo nemmeno L'eNPS medio di ristoranti e realtà del food and beverage, diminuito del 31% da giugno 2020, con pochi segnali di ripresa. Male male anche il settore tecnologico, in cui il livello di felicità lavorativa è crollato circa 3,5 volte più velocemente rispetto agli anni precedenti, e i punteggi medi sono diminuiti del 14% da giugno dello scorso anno a giugno del 2023.

Ma qualcuno felice c'è? Oh, yes. Il settore più felice è quello dell'edilizia, e pare che questo dipenda dalla quantià di arretrati e la conseguente abbondanza di domanda residenziale che hanno creato l’ambita stabilità lavorativa e un aumento dei salari. L’eNPS medio del settore edile pari a 49 per il 2023 è rimasto stabile.

Comunque oh, come abbiamo scritto all'inizio questo non è l'unico studio che ci dipinge un'avvilente situazione lavorativa. Una ricerca tutta italiana firmata MAW, l’agenzia per il lavoro e parte di W-Group, condotta su un campione di oltre 2.600 lavoratori ha mostrato chiaramente quanto siamo infelici: in Italia solo tre persone su dieci si dichiarano pienamente soddisfatte della propria posizione lavorativa. Il problema è, per la maggior parte degli interpellati, lo stipendio:il 76% vorrebbe (ma non ha) un compenso adeguato; piacerebbe molto anche un bel clima lavorativo (56%), ma si punta anche ad una crescita professionale e ad un carico di lavoro adeguato (40% e 37%). E c'è anche un 33% di dipendenti che ha dichiarato di voler lavorare con molto meno sbattimento. La carriera è molto importante eh, lo sostengono il 55% degli intervistati: però, tra le priorità della vita, è solo al quarto posto dopo famiglia (28%), realizzazione personale (23%), e vita privata in generale (15%). I benefit aziendali potrebbero sicuramente aiutare, peccato che dalla ricerca è emerso che il 38% non ne percepisce nessuno.

Della serie: chiedimi se sono felice. Ma meglio di no.

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