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Editorial
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Sapevatelo: in Italia esiste una Scuola di fallimento. La prima in assoluto. Si trova a Modena, dove è stata fondata nel 2017 dall'Economista ricercatrice Francesca Corrado. Una visionaria, aggiungerei. Appena scoperta questa school - con colpevole ritardo - abbiamo subito fatto una call alla Corrado per saperne di più. Perché mai fondare una scuola del fallimento? Anzi no... perché mai non fondarla prima? Noi milanesi, anzi no, noi italiani, anzi no, noi esseri umani, siamo così fissati con la perfezione, con l'ansia della caduta, con il terrore dell'errore, con l'obbligo dell'ambizione, che spesso quando la vita ci impone uno stop, andiamo in sbattimento estremo e mandiamo tutto a pu**ane.

Licenziamenti, delusioni d'amore, progetti arenati, sogni infranti, ma anche robe più piccole sono in grado di mandarci ai matti e farci sentire come se niente avesse più senso. Sicuro i social non aiutano. Foto di gente wow, posti pazzeschi, vite sensazionali, soldi a pioggia. Vite fittizie in cui l'errore semplicemente non esiste. Ma solo perché abilmente cancellato con photoshop. Dopo questo doveroso preambolo, facciamo parlare la founder della Scuola, Francesca Corrado. Che ci ha spiegato un po' il senso di questo posto, e soprattutto ci ha raccontato la storia di come è nata l'idea: proprio da una serie di fallimenti clamorosi, uno dietro l'altro. Tipo che chiunque altro starebbe ancora a fissare la pioggia sul vetro della cameretta ascoltando i pezzi più sad dei Coldplay.

Cominciamo dalla base: come ti è venuta l'idea di una scuola dedicata al fallimento?

Da una serie di sfighe o forse a causa di Saturno contro. Fino al 2014 avevo una start up innovativa, un contratto da docente universitaria, un fidanzato, una casa, una famiglia solida. Una delle leggi di Murphy dice che, prima o poi, la peggiore combinazione possibile di circostanze è destinata a prodursi e nel mio caso è avvenuto nel 2015. A un tratto non avevo più né una società, né una cattedra, né una casa, né un fidanzato. Avevo perso tutti i miei clienti e non avevo nessuna prospettiva per il futuro. Sentivo di aver fallito tutti i miei obiettivi e questo mi portava a dirmi che ero una fallita.

A non rendere facile il periodo anche le condizioni di mio padre, malato di Alzheimer. Ma proprio la sua malattia mi ha aiutata a capire che stavo osservando la mia vita da un'angolazione sbagliata. E che nei periodi più bui l'ironia e l'immaginazione sono due armi formidabili. Per un certo periodo di tempo quando mio padre faceva "cose strane" la nostra reazione era di inalberarci, poi abbiamo capito che alleggerire il carico ci avrebbe fatto sopravvivere. Abbiamo iniziato ad assecondarlo, sorridendo, nella sua scelta di pulire le scarpe con lo spazzolino e il dentifricio; di appendere gli spaghetti per averli al dente. Non riuscivo però a trovare strumenti concreti che andassero al di là della semplice leva motivazionale di qualche pseudo guru americano. Per cui ho ideato un percorso che fosse utile a me, e anche agli altri. Nel 2017 nasce Scuola di Fallimento, il cui pay off è Osa perdere per vincere: insegniamo alle persone ad apprendere dagli errori altrui ma anche dai propri in modo da non ripeterli. L’obiettivo è costruire in Italia una sana cultura del fallimento, in cui l'errore non sia considerato uno stigma sociale invalidante ma un viaggio di scoperta di sé, dei propri limiti e dei propri talenti.

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In Italia - come dici tu - non esiste la cultura del fallimento: che conseguenze hanno sulla nostra vita l'ansia, la pressione e il pensiero di dover avere successo a tutti i costi?

Il fallimento è come quel parente imbarazzante che cerchiamo di evitare durante le feste di famiglia. La paura di fallire infatti non è innata, ma è appresa nel contesto sociale, scolastico, familiare. Lo stesso contesto che ci insegna che chiedere scusa è una ammissione di colpa, che è meglio nascondere i nostri errori sotto il tappeto, o dare la colpa al cane per aver mangiato i compiti. Piuttosto che insegnarci ad assumerci delle responsabilità.

Per alcuni queste dinamiche portano all'immobilismo: meglio non fare che fare e sbagliare e in genere il divano è un ottimo posto per attuare questo sport estremo. Per altri significa delegare le decisioni che riguardano la propria vita per poi dare la colpa all'altro se quello si rivela il percorso sbagliato. Per alcuni questa pressione genera una tendenza opposta, ma ugualmente negativa, che è il rischiare senza soppesare le conseguenze delle proprie azioni. Si buttano senza avere un paracadute e senza una pianificazione realistica che alla lunga li porterà nel punto che stavano a tutti i costi cercando di evitare, nel fossato.

A chi si rivolge la scuola?

Proponiamo lezioni show e percorsi formativi - per gruppi o singoli individui - basati su metodologie esperienziali, ludiche e immersive. Ci rivolgiamo alle scuole (studenti, genitori, insegnanti); alle aziende (imprenditori e manager). E poi abbiamo progetti speciali per i Neet, per chi vuole reinventarsi o trovare la propria strada; percorsi per start up, o solo per donne. Per chi ha fallito in amore, c’è il nostro evento di San Fallimentino (13 febbraio) ideale per quelli a cui sembra di vivere le stesse frustranti relazioni pur cambiando partner. E per trasmettere il messaggio che a volte è meglio separati e contenti. Il tema dell’ansia, della paura, della pressione sociale sono argomenti che spesso affronto insieme ai medici, organizzando con loro eventi in cui dimostrare le conseguenze psico fisiche, nel breve e nel lungo periodo, di queste dinamiche. Abbiamo molte richieste, in particolare dopo la pandemia. Credo siano da sempre temi di interesse, ma forse prima c’era imbarazzo di parlarne. Ora, dopo che abbiamo affrontato una pandemia mondiale, suppongo che questo tabù sia diventato un po' più... trendy.

A Milano come stiamo messi?

Il dato più interessante è che ci sono maggiori richieste dal Nord, in particolare Lombardia e Veneto, e decisamente meno dal Sud. Io sono nata a Crotone ma non ho ancora mai fatto un corso nella mia terra di origine. Nel Nord Italia, il lavoro è come una competizione olimpica: tutti vogliono arrivare primi, e se non sei veloce abbastanza, rischi di finire velocemente sul podio dei perdenti. Ci sono maggiori livelli di competizione che possono sia generare più errori e più paure. Ci si sente sempre in mezzo a una maratona senza i ristori lungo il percorso, in una gara a cui magari non volevamo neanche partecipare. Le donne poi sentono maggiormente il peso di dover fare le scelte giuste e di dover conciliare alla perfezione vita privata e lavorativa.

Nel concreto, cos'è che si impara alla scuola di fallimento?

Quello che facciamo è di mettere a disposizione dei partecipanti ai corsi una cassetta di strumenti teorico - pratici per accogliere, analizzare e abbracciare l'errore. S'impara che l’errore e il fallimento sono parte della vita e che il modo in cui la nostra mente apprende è per prove ed errori. Qualcuno più saggio di me scriveva: "La fortuna è quando la preparazione incontra l’opportunità". E quindi s'impara come allenare la curiosità, cogliere i segnali deboli in modo che quando si presenterà una opportunità sapremo coglierla. Infine, si impara a sdrammatizzare. L’umorismo è una delle capacità fondamentali per evitare che i no diventino muri difficili da buttare giù. 

Quali soft skill si possono guadagnare alla Scuola del fallimento?

A Scuola di Fallimento aiutiamo le persone ad allenare le capacità che hanno una diretta relazione con l'apprendimento dai successi e dalle sconfitte e con l'analisi degli errori e dei bias cognitivi.In un mondo che cambia velocemente e nel quale le macchine diventeranno sempre più perfette e saranno in grado di fare, con semplicità, attività per noi umani molto complesse, la chiave del successo risiederà nelle capacità di sviluppare le soft skill più propriamente umane. Il problem solving, il pensiero critico, la creatività e la gestione costruttiva dei sentimenti sono competenze trasversali che permettono di affrontare in modo razionale e costruttivo le più svariate difficoltà e di adattarsi ai vari cambiamenti.

Perché è così importante - secondo te - cambiare la nostra mentalità nei confronti dell'errore, dello sbaglio, del fallimento?

Il modello di sviluppo che si sta affermando è definito dagli esperti "caotico". Per avere un'idea, è come stare su una montagna russa in cui si sale e si scende costantemente. In termini pratici: è più facile fallire che avere successo. Il 90% delle start up fallisce; la vita media di un'impresa è sempre più corta; solo il 10% dei prodotti di largo consumo rimangono sugli scaffali per più di un anno. Questo non deve spaventarci, ma dobbiamo lavorare per cavalcare le onde piuttosto che venirne travolti. Cambiare punto di vista significa indossare nuove lenti, modificare le proprie convinzioni, cambiare i propri atteggiamenti mentali. Ed è un cambio psicologico e culturale.

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