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Editorial
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Trussardi non plus. O meglio, non più della famiglia Trussardi. Il mitico Levriero è passato al Gruppo Miroglio. Acquisizione confermata, certificata e cartabollata a metà marzo da una nota ufficiale del gruppo. Ma come si è passati dall’essere tra i top brand italiani e avere tanto cash da avere un palazzetto con il proprio nome (se non conosci il Palatrussardi dove hai vissuto???) a dover vendere? Verrebbe da dire: "Tutto quello che poteva andare storto è andato storto". E per la liceale che è in me, con la borsa Trussardi bianca e beige sulla spalla vista come simbolo di conquista sociale per entrare nel gruppo di quelli "giusti", è un duro colpo.

La favola inizia nel 1965 in un paese non molto lontano da Milano, a Bergamo, quando Nicola, nipote di Dante Trussardi, trasforma l'azienda di guanti del nonno. Dopo aver allargato la produzione alle borse, si accorge che manca una vera identità distintiva per fare il salto e nel '73 lui stesso crea il logo della maison: il levriero. Grafico presso sé stesso, imprenditore, esteta, visionario. Nicola trasforma tutto quello che tocca in un oggetto del desiderio (sorry Re Mida, tu sai solo trasformare le cose in oro) e nel 1976 a Milano sfila la prima collezione di prêt-à-porter femminile. A questa prima linea si aggiungono quelle uomo, bambino e Jeans. La "Milano da bere" è innamorata di Trussardi e the feeling is mutual con Nicola che porta le sue collezioni nei luoghi iconici della città come Piazza Duomo, la Pinacoteca di Brera, il Teatro alla Scala. Accanto a lui la moglie Maria Luisa Gavazzeni, che lo aiuta e sostiene nell’ascesa dell’azienda.

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Il marchio compare su profumi, alcuni prodotti della casa, a fine anni '80 sbarca oltre oceano con un corner da Bloomingdale's inaugurato da Pavarotti. Trussardi è tra i primi a dare il proprio contributo alla creazione del palazzetto che andrà a sostituire il Palasport di San Siro crollato per una nevicata. Eh già, un tempo a Milano nevicava. L’inaugurazione ufficiale del Palatrussardi nel 1986 è con un concerto di Frank Sinatra. Nel mio piccolo, io ci ho visto gli Evanescence.

Ora, se volete mettere l'articolo in frigo - come faceva Joey di Friends con Piccole donne - è il momento. Ad aprile 1999 la prima tragedia. Ad appena 57 anni Nicola Trussardi muore in un'incidente d’auto alle porte di Milano. L’azienda passa ai figli maggiori: Beatrice e Francesco, all’epoca di soli 28 e 25 anni che, oltre a seguire l’abbigliamento, decidono di tornare al primo amore dell’azienda, la pelletteria. Nel 2003 Francesco trova un destino crudelmente simile a quello del padre, a togliergli la vita un altro incidente d'auto. All’epoca Trussardi aveva raggiunto un fatturato di 125 milioni di euro. Gli anni bui per il brand però non sono ancora finiti. Beatrice diventa amministratore delegato e tenta un’evoluzione della maison (che però non cresce) mentre i figli di Nicola, Gaia e Tomaso, solo adolescenti alla morte del padre, entrano anche loro a pieno titolo in società. Sì, il Tomaso che è stato con la Hunziker, ma non siamo qui per fare gossip.

La direzione creativa, dopo una serie di passaggi a vuoto, arriva nelle mani di Gaia Trussardi nel 2013, con Tomaso che lo stesso anno rileva la quota della sorella Beatrice e sale al 50% della proprietà. In cinque anni i ricavi salgono oltre i 200 milioni, ma le cose potevano migliorare? Ovvio che no, i bilanci infatti iniziano a essere in perdita. Per evitare il fallimento la famiglia cede nel 2019 la maggioranza a QuattroR, fondo italiano specializzato in ristrutturazioni aziendali, che tenta il rilancio. Ma arrivano pandemia, guerra e crisi del lusso a spegnere ogni possibile entusiasmo. È qui che entra Miroglio. Il gruppo presente in 22 paesi con 36 società e già nove marchi di abbigliamento femminile (tra cui Motivi, Elena Mirò e Fiorella Rubino) fa la sua mossa e aggiunge Trussardi al suo carnet. Senza però scucire la cifra di questo passaggio. Volgare parlare di vil denaro.

L’amministratore delegato del gruppo Miroglio - Alberto Racca - ha rassicurato però i sostenitori dell'elegante cagnolino dichiarando come "l’operazione intende rafforzare la presenza del gruppo sul mercato, con 15 punti vendita posizionati in maniera smart in Italia e una strategia multicanale di crescita che strizza l’occhio a Est Europa e Medio Oriente". Che sia la volta buona per vedere il Levriero tornare a correre lungo le strade del lusso che gli competono?

Autrice: Giulia Cannarella

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