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Editorial
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A Milano, lo sappiamo, nelle settimane passate ha piovuto come se non dovesse esserci un domani. Roba che il Corvo col suo "Non può piovere per sempre" si sarebbe rimangiato tutto, altroché. Il 15 maggio, addirittura, si è segnato un record: è caduta una quantità di pioggia che non si registrava da 170 anni, come reso noto dall'assessore alla Sicurezza Marco Granelli. "120-130 mm localizzati di pioggia, in un solo giorno, non era mai capitato negli ultimi 170 anni, e il record era 98 accaduto nel 1990". Non benissimo, insomma.

Ma perché, dopo periodi di siccità extreme, in cui stavamo tutti presi bene a fare la danza della pioggia per migliorare la situa di coltivazioni e smog, ha cominciato a piovere senza sosta? Ok, ora va un po' meglio, ma non è strano? Visto che noi non se sappiamo una mazza, abbiamo chiesto lumi a Serena Giacomin, Fisica dell'atmosfera e climatologa.

La nostra curiosità, prima di tutto, è capire se c'è un nesso tra pioggia a palate e crisi climatica. Uno studio realizzato nel Regno Unito ha dimostrato, infatti, come le piogge torrenziali e continue dipendano proprio dal climate change.

"Sul 'quanto' non è possibile dare una risposta - ci spiega Giacomin - Gli studi di attribuzione (ovvero quegli studi che analizzano quantitativamente la colpa che si può attribuire al riscaldamento globale rispetto a un singolo accadimento meteo) sono in corso o sono sommari. Però possiamo dire che sì, incide! Nelle ultime settimane non abbiamo avuto condizioni di alta pressione o incursioni dell'anticiclone, al contrario c'è stato un insistente flusso perturbato. Ma per capire come mai piove così tanto non bisogna dimenticare un fattore determinante: l'oceano Atlantico sta mostrando ostinatamente anomalie positive di temperature (è più caldo del normale) e le ultime perturbazioni che hanno colpito l'Italia arrivavano proprio da lì. Un mare più caldo è un mare capace di dare energia all'atmosfera, di caricare le perturbazioni. Per cui quando piove, piove di più".

Insomma, tutto chiaro. Al di là dello scazzo di noi poveracci alle prese con pozzanghere, strade bloccate e weekend rovinati, la pioggia incessante può causare disagi molto seri, con il rischio esondazione di Seveso e Lambro sempre dietro l'angolo. Come sono messe Milano e la Lombardia, si può fare di più per prepararsi e intervenire in caso di eventi meteorologici così estremi? Ci spiega Giacomin: "Credo che si possa, anzi si debba, fare molto di più. L'adattamento delle città non prevede un'unica soluzione, ma una strategia fatta di diverse soluzioni da mettere in campo per diminuire la soglia di rischio a cui siamo (e a cui saremo sempre più) esposti. Proviamo a vedere il bicchiere mezzo pieno: gli scenari che descrivono l'estremizzazione climatica e l'aumento in frequenza dei cosiddetti "colpi di frusta climatici" li abbiamo, la fisica dell'atmosfera ci aiuta, le tecnologie ci sono, manca la determinazione. Diciamoci la verità: speriamo sempre che il nubifragio o il chicco di grandine da record non colpisca noi, ma qualcun altro. Non dovremmo - governatori e cittadini - accettare questa situazione, dovremmo aumentare la nostra cultura del rischio, per imparare a ridurlo o a gestirlo in modo intelligente".

Oh, uno se vuole può pure dirsi "ma sì, ha sempre piovuto in passato e nessuno ha mai rotto le balle", ma se vogliamo andare un po' più a fondo di una pozzanghera ed evitare di ridurre tutto al negazionismo homemade, tocca chiedersi se situazioni estreme come le piogge assurde di questo periodo diventeranno la norma. Insomma, dobbiamo abituarci? "Sì. Non è una questione di 'credenza', ma una questione di scienza", ci spiega Serena Giacomin.

E quindi noi, già preda dell'eco-ansia, che possiamo fare a parte comprarci molti ombrelli solidi e inserire sempre la "cancellazione gratuita" nelle prenotazioni delle vacanze nei weekend dal meteo incerto? Possiamo fare tanto, sapevatelo. "Innanzitutto prenderne atto cercando di 'dribblare' (anche se mi rendo conto non sia così facile) la disinformazione che circola sui temi meteo-climatici. Possiamo imparare le norme di auto-protezione civile: sappiamo come comportarci per non esporci a un rischio durante una allerta emessa dalla Protezione Civile? Sappiamo riconoscere una allerta istituzionale da un warning di una app qualsiasi sul telefono? Sappiamo rinunciare a un programma quando le autorità ci avvisano che potremmo ritrovarci in una situazione di pericolo? Rispondo io: no, non lo sappiamo. O lo sanno in pochi, pochissimi. E poi c'è un'altra cosa che possiamo fare: andare a votare chi riteniamo capaci di affrontare questa importante sfida, quella dell'estremizzazione climatica in un territorio fragile come quello italiano. La sicurezza dovrebbe essere la nostra priorità".

C'è poco da aggiungere.

 

 

 

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