Se pensavate che parlare del meteo con il vostro vicino di desk fosse imbarazzante, probabilmente non avete mai dovuto affrontare l'angoscia di annunciare le vostre dimissioni al vostro boss. Un'esperienza che, a meno che non siate il protagonista di un film hollywoodiano, potrebbe benissimo essere una delle conversazioni più ansiogene e cringe della vostra vita. E se vi dicessimo che c'è chi, a pagamento, lo fa al posto vostro? Benvenuti in Giappone, la terra del sakè, del karaoke, dei manga e… delle dimissioni delegate!
Si tratta di un vero e proprio business in crescita. Nel 2017, un gruppo di giovani ha dato vita a una startup dal nome inequivocabile: Exit. Il nome è già tutto un programma. Pagate circa 20mila yen, cioè 150 dollari, e voilà, qualcuno si occuperà di dire al vostro capo che ve ne state andando senza bisogno di alzarvi dalla sedia. Immaginate la scena: voi comodamente seduti sul divano, magari con un bicchiere di sake in mano, mentre un impavido professionista fa quel discorsetto che vi ha tolto il sonno per settimane. Geniale, no?
Il co-fondatore di Exit, Toshiyuki Niino, ha raccontato a Al Jazeera che l'illuminazione gli è venuta quando anche lui ha deciso di lasciare un lavoro. In Giappone, sembra, mollare prima dei fatidici tre anni ti fa sentire come uno dei peggio falliti. Il senso di colpa che ti pervade è tale da farti vacillare. E così Niino ha voluto creare questo servizio, in modo da sollevare dalla gravosa esperienza chi - come lui - ha deciso di cambiare strada.
E come ogni storia di successo, Exit ha dato vita a un'intera schiera di imitatori. Tra i vari concorrenti c'è un'azienda chiamata Momuri, che si traduce approssimativamente in "Non ce la faccio più". Insomma, un nome, un grido d’aiuto. Il numero di clienti di Exit è di circa 10mila all'anno, ma con quasi 70 milioni di persone nella forza lavoro giapponese, si potrebbe dire che il fenomeno, seppur curioso, non rappresenta proprio una rivoluzione sociale.
Tuttavia, fa riflettere. E molto, anche. Perché cosa spinge migliaia di persone a sborsare soldi per non dover dire al proprio capo: "Arrivederci e grazie per tutto lo stress"? Shinji Tanimoto, amministratore delegato di un’altra di queste aziende dal nome evocativo, Albatross, ha una teoria: manager che sembrano usciti da un film horror di Dario Argento, straordinari non pagati e una cultura del lavoro che definire opprimente un eufemismo.
Un ragazzo di 24 anni, Yuta Sakamoto, ha raccontato al Wall Street Journal di aver pagato una di queste agenzie dopo che il suo capo gli ha praticamente augurato una carriera fallimentare nel momento in cui ha osato suggerire che forse sarebbe stato il caso di cambiare aria. Simpatico. Un altro giovane, Yuki Watanabe (nome fittizio, naturalmente), ha detto alla CNN che il suo capo aveva addirittura respinto le sue dimissioni.
E così, anche lui ha deciso di farsi aiutare da Momuri.
Ma nonostante questa fuga dal confronto diretto con i propri boss, la cultura del super-lavoro in Giappone resiste, d’acciao. Un servizio come Exit, che teoricamente offre un modo di comunicare un feedback onesto ai datori di lavoro, non sta affatto rivoluzionando il Giappone. Tuttavia, sta rendendo la vita di migliaia di persone un po' più leggera. Niino stesso ha detto ad Al Jazeera che, dopo sei anni di attività, il numero di clienti continua a crescere. Ma non pensa che la cultura lavorativa giapponese cambierà tanto presto. "Forse non cambierà nemmeno nei prossimi 100 anni,” ha aggiunto, con rassegnazione.
Autrice: Francesca Tortini
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