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Editorial
bendingspoons

Ma lo sapevate che la base di piattaforme come Evernote, Meetup, Remini, Splice, StreamYard e WeTransfer è a Milano?! E che l'azienda che le riunisce tutte sotto lo stesso tetto è da tempo fra le preferite dai Millennials per lavorare? E che l'anno scorso ha fatto un business della Madonna con un +72,5% di ricavi?!

Stiamo parlando di Bending Spoons, ex start-up e adesso azienda dalle uova d'oro che ha chiuso il 2024 con un fatturato di 622 milioni di euro. Stica... insieme a tutti quei bei numeri che fanno rombare l'azienda guidata dall’AD Luca Ferrari come una Ferrari del Business, una Lamborghini dell'IT, una Pagani dell'informatica. Il suo Ebitda margin (in pratica un indicatore di redditività lorda delle vendite) è al 50,6%, appena sotto i 315 milioni di euro: un valore sotto quello dell’americana Nvidia (che viaggia al 66%), ma che batte alla grande quello di Apple (34%) e Google (36,45%).

Non a caso, sull’impresa tecnologica che tante app produce, ha investito da tempo Giovanni Tamburi, fondatore, presidente e amministratore delegato di TIP - Tamburi Investment Partners S.p.A., "oggi il più grande investitore privato italiano in società di medie dimensioni con 3 miliardi di euro" dichiara il suo sito. La sua società di investimento TIP possiede il 3,3% di Bending Spoons e ha sempre sostenuto gli aumenti di capitale, investendo a gennaio 2024 altri 4,7 milioni di euro. “Ai prezzi delle ultime transazioni, il pacchetto di TIP ha un valore di almeno 10 volte quanto investito finora”, si legge nel bilancio consegnato al mercato. Insomma, un investimento coi fiocchi e complimenti a profusione.

"Ormai nota in tutto il mondo", scrive Tamburi di Bending Spoons, descrivendola come una “società eccezionale, concepita e gestita da persone che impressionano in positivo ogni volta che ci si confronta con loro. Raccolgono consensi da chiunque sappia chi sono e cosa sono riusciti a costruire. Un fenomeno raro per il nostro Paese, che continua a sorprendere per le capacità di crescita e per l’enorme redditività. Siamo orgogliosi di aver creduto nel progetto da moltissimi anni”. Dai, di quante aziende lo avete sentito dire?!

Bending Spoons è la prima tra gli Unicorni italiani (le start-up che valgono oltre un miliardo di dollari) secondo Cb Insight, seguita da Satispay e Scalapay. A supportarla ci sono diversi soci (oltre a Tamburi, anche Baillie Gifford, Highland Europe, NUO, Cox Enterprises, NB Renaissance), ma il controllo resta nelle mani di Ferrari e dei suoi co-fondatori: Francesco Patarnello, Matteo Danieli, Luca Querella e Tomasz Greber.

Milano, la Silicon Valley all’ombra del Duomo

E Milano si è accorta di questo successo? Eccome! Oltre ai numeri da urlo, la società ha aperto poco più di un anno fa la nuova sede a Porta Nuova: un progetto del valore di 8,5 milioni di euro. Roba seria per un’azienda tecnologica che deve il proprio nome a uno dei film più visionari a livello di tecnologia: Matrix.

Il nome Bending Spoons infatti si riferisce al bambino rasato, tipo giovane Buddha, che Neo (Keanu Reeves) incontra andando dall'Oracolo. Il bambino sembra piegare il cucchiaio con la forza del pensiero, salvo poi rivelare a Neo che "il cucchiaio non esiste". Ma il successo di Bending Spoons, ragazzi, esiste eccome.

L’azienda dove tutti vogliono lavorare

E non dite che con una presentazione così non vi viene voglia di entrarci dentro a sto business. Beh, sappiate che non siete certo gli unici, visto che l’azienda è sempre prima nelle classifiche di Great Place to Work, aka i posti migliori in cui lavorare.

Del resto, se si parla di “ambiente”, qui è davvero tanta roba. Gli uffici della sede di via Bonnet (costati 8 milioni e mezzo) sono pensati per lavorare belli comfy: design scandinavo, soffitti pieni di piante e spazi per mangiare e rilassarsi in ogni dove. Cioè, non si capisce se lì si lavora o ci si rilassa. O forse semplicemente si lavora belli rilassati. E non è finita: buffet con frutta bio, stanze per suonare o guardarsi un film, zona videogiochi con maxischermi, Ping-pong, calcio balilla, area con tre cuccette per il riposino e persino la stanzetta col fasciatoio per i neonati.

Più che uffici, una comunità: i dipendenti si fanno chiamare “Spooners” e possono scegliere se lavorare in sede (che in effetti è una figata) o da remoto. Nei contratti ci sono pure benefit come un budget di mille euro all’anno per uscite di svago con i colleghi, lab di yoga, masterclass sulla birra, cineforum e un botto di altre attività.

Oltre 150 persone ci lavorano, e per arrivarci bisogna passare una selezione di fuoco: più di 40.000 candidature, migliaia di test e centinaia di colloqui per finalizzare le assunzioni. Qui si arriva in media con una laurea a pieni voti e con esperienze nel gotha dell’informatica e della consulenza. Insomma, se volete scoprire se siete degni di far parte del business che piega i cucchiai e cambia il mondo della tecnologia, non vi resta che provarci.

 

 

Autrice: Daniela Faggion

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