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Milano è la città dei pendolari: ogni giorno ne arrivano 900mila, e due terzi arrivano da fuori

Fun fact: solo un terzo arriva dalla Città Metropolitana. Gli altri si fanno ore di treno o auto da Pavia, Lodi, Cremona, fino a Genova, Bologna e Torino.

Che Milano sia la capitale del lavoro, lo sapevamo. Ma che ogni giorno la City venga letteralmente presa d’assalto da 900mila pendolari, forse no. Fun fact: solo un terzo arriva dalla Città Metropolitana. Gli altri si fanno ore di treno o auto da Pavia, Lodi, Cremona, fino a Genova, Bologna e Torino. Altro che “fuori porta”: qui siamo al pendolarismo estremo. Sbatti!

Il dato arriva da uno studio corposo coordinato dal Politecnico di Milano e supportato da Fondazione Cariplo, con dentro anche CNR, Sapienza e Bicocca. Lo studio (“MetroMosaic”) analizza il fenomeno della periferizzazione dei flussi: gente che vive fuori e lavora in città, a costo di farsi viaggi da Odissea quotidiana.

Perché così tanti pendolari su Milano?

Due motivi su tutti: da una parte l’aumento dei costi della vita e degli affitti in città, che ha spinto molti milanesi a trasferirsi in provincia o direttamente in un’altra regione. Dall’altra, l’evoluzione del lavoro, sempre più orientato ai servizi e sempre più concentrato a Milano. Chi cerca opportunità se le trova qui, non nei comuni dell’hinterland ormai deindustrializzati.

E così succede che in tanti – pur di lavorare a Milano – vivano a ore di distanza, magari tenendosi stretti famiglia, amici e vita sociale altrove. Esempio? In alcuni paesi del Lodigiano o dell’alto Pavese, un abitante su tre lavora a Milano. E a Sesto, Corsico, Bresso o perfino Vellezzo, più della metà dei nuovi arrivati viene proprio dal capoluogo.

I nodi da sciogliere: trasporti e casa

Con questo tsunami umano che ogni giorno converge in città, le richieste sono due: case a prezzi umani e trasporti decenti. Chi viene da Genova o Bologna può contare sull’alta velocità, sì, ma a suon di abbonamenti da capogiro. Chi invece parte da Comasco o Lodigiano, spesso deve scegliere tra treni da incubo o traffico da bestemmia libera.

Risultato? Malcontento diffuso e coesione sociale sempre più fragile, sia dentro che fuori Milano.

Intanto, la città cambia volto

Un altro dato interessante riguarda chi si trasferisce stabilmente in città. Secondo Stefania Rimoldi della Bicocca, Milano attira molti più nuovi residenti dall’estero o da altre regioni rispetto ai flussi di corto raggio. Ma non è finita qui: ogni anno, vanno via 1.200 italiani e arrivano 10.500 stranieri. E dopo un po’, anche questi ultimi si comportano da italiani imbruttiti: “resto a vivere altrove, ma a Milano ci lavoro”.

Ergo, Milano continua ad attirare talenti, cervelli, lavoratori e professionisti da mezza Italia. Ma a che prezzo? Se non si risolvono i problemi di trasporti e abitazioni accessibili, rischiamo che il mito del “lavorare a Milano” resti in piedi solo per chi ha soldi, nervi d’acciaio o una resistenza da Ironman.

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