
Rihanna ha scelto Milano. La queen di Umbrella e CEO di Fenty Beauty s’è calata nel mood meneghino come se fosse nata in zona Brera e non alle Barbados. Le chiacchiere su un suo possibile trasferimento in Lombardia erano cominciate quando Fedez ha pubblicato la foto del fidanzato di Riri, A$AP Rocky, insieme ai genitori, infiammando le voci sul fatto che fosse lui il milionario interessato ad acquistare la residenza lariana degli ex Ferragnez, di proprietà di Fedez. Se ci abbia messo sopra il bonifico oltre agli occhi non è ancora dato saperlo, ma intanto la fidanzata si sta dando da fare nella City e chissà che non compri casa anche qui.
Ecco lo scoop: Rihanna è ufficialmente entrata nella proprietà di The Wilde, il club privato che sta facendo tremare i calici di Cristal in tutto il Quadrilatero della moda. Una roba clamorosa. Niente post su Instagram con tag sbagliati o selfie sotto il Duomo: qua si gioca nel campionato dell’élite vera, dove per entrare devi conoscere chi conta, vestire bene (ma senza farlo vedere troppo) e possibilmente avere un conto corrente che respira anche quando dormi.
A fondarlo, d’altronde, è stato uno che di “sciccherie” se ne intende: Gary Landesberg, celebre per i suoi investimenti nel settore del tempo libero e dell’ospitalità in Europa. Landesberg, che ha già guidato The Arts Club a Londra e ha poi aperto The Arts Club a Dubai, ha affidato la direzione creativa della sua nuova creatura milanese ad Alasdhair Willis, marito niente meno di Stella McCartney e già direttore creativo di The Hunter e Adidas.
Insieme alla cantante sono entrati a far parte di The Wilde anche i manager Jay Brown e Tyran “Ty Ty” Smith, co-fondatori dell’agenzia di intrattenimento Roc Nation creata con Jay Z. “Conosco Jay e Ty Ty da più di dieci anni”, ha dichiarato al Corriere della Sera Landesberg: “Volevano far parte della nostra crescita. Poiché Roc Nation segue anche Rihanna, lei stessa ha voluto partecipare al progetto. Si è creata una bella sinergia“.
Ora, per chi è ancora convinto che The Wilde sia un cocktail bar col nome un po’ snob, ecco 10 motivi per cui è IL posto di cui vorresti essere socio… ma probabilmente non puoi:
1. Location da sbavo (ma discreta)
Villa del Platano: ex residenza di Santo Versace, oggi trasformata in club privato extra-lusso. Non aspettarti insegne al neon: c’è un cancello di ferro sobrio che grida “so’ ricco ma non lo dico”.
2. Quadrilatero a due passi
Se esci dal club e ti scappa un acquisto impulsivo da Loro Piana o Chanel, tranquillo: sei già nel cuore del fashion district. Milano ti vuole elegante, The Wilde pure.
3. Design firmato Casiraghi
Fabrizio Casiraghi, milanese doc con base a Parigi, ha arredato il club come una villa di famiglia chic. C’è un tocco di Art Déco, zero tamarrate, e pareti che sussurrano "quiet luxury".
4. Tre ristoranti e zero scuse
Mediterraneo, latino-americano e giapponese. Vuoi fare il giro del mondo senza lasciare la sedia? The Wilde ti serve sul piatto la geografia gourmet.
5. Cigar lounge old school
Si chiama Arturo’s e sembra uscita da un film di James Bond girato in Via della Spiga. L’atmosfera? Ovattata, maschia, super raffinata. Niente chiacchiere, solo sigari e sguardi complici.
6. Rooftop panoramico
Sì, c’è anche quello. E no, non è per Instagrammarci il tramonto con l’aperol. È il posto dove si fa networking tra manager e creativi, magari con uno Hugo in mano e un progetto milionario in tasca.
7. Eventi culturali che spaccano
Non solo musica e cene stellate. The Wilde ospita conferenze, spettacoli, performance d’arte. La cultura qui è chic, e guai a chi dice che è noiosa.
8. Una library vera, non finta
Altro che scaffali Ikea: qui si legge davvero. Magari sorseggiando un calice di Barolo e Miles Davis in sottofondo.
9. Senza palestra. Per scelta
Se ti aspettavi tapis roulant e spin bike, hai sbagliato indirizzo. The Wilde parte dal presupposto che se ci entri, sei già figo. Dentro e fuori.
10. Quota d’ingresso? Elitaria
4.000 euro l’anno più iscrizione da 1.250 euro. Oppure tariffa giovane da 2.250 euro per gli under 40. Non è per tutti. E, ovviamente, questo è il punto.
Autrice: Daniela Faggion
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