
Sento un tremito nella “Forza”, in quel campo energetico che circonda e mantiene unita tutta la Galassia della moda. Anna Wintour ha lasciato il suo trono di direttrice di Vogue US. Dopo 37 anni, ci sarà una sede vacante all’interno della rivista americana. E viene da chiedersi: chi guiderà ora la fashion industry? Spoiler: sempre lei.
Nascosta dal suo caschetto e dagli immancabili occhiali, anche (o soprattutto) in prima fila delle passerelle, lei, più di tutti, sa come far girare l’industria. E non intende certo perdere il suo status.
Anna Wintour, che succede?
Facciamo quindi un po’ di chiarezza, perché Anna non lascia Vogue, ma “solo” il ruolo di direttrice. Dal 2020 la Wintour è direttrice globale di Condé Nast e controlla quasi tutte le testate del gruppo (a parte The New Yorker). Insomma, è vero: lascia un trono, ma mica la vera sedia del potere.
E per chi stava già sistemando il CV pensando a uno stipendio da 4 milioni di dollari, attenzione: il ruolo di direttrice non esisterà più. Ci sarà invece un “capo dei contenuti editoriali”, che riporterà direttamente a lei. Penso che la RAL, a questo punto, sarà diversa.
Certo, per chi come me ha sempre visto solo lei come capo supremo della moda in veste di direttrice di Vogue, è un po’ destabilizzante. Ma Dame Wintour (yes, è inglese e yes, ha il titolo), a 75 anni e con un patrimonio personale stimato in 50 milioni, avrà pensato di togliersi qualche sbatti superfluo dopo aver trainato Vogue US tra mille cambiamenti ed epoche.
Ça va sans dire che non molla nemmeno il Met Gala, che segue dal 1995 e che quest’anno ha visto il record di donazioni con 31 milioni di dollari.
Inoltre, grazie a lei, la copertina di Vogue US è diventata ancora più iconica: una copertina da ambire, da desiderare, una vetrina per leggere i cambiamenti della società. Come non pensare a quella maglietta Lacroix da 10mila dollari con dei jeans. Sì, dei “semplici jeans” apparsi nella cover del 1988. Lei ha reso le modelle delle top: da Naomi a Linda a Claudia (e se non sapete di chi parlo, disonore su di voi).
È stata la prima a portare in copertina stelle del cinema, della musica, dello spettacolo. E la prima a far comparire un’atleta afroamericana in copertina nel 2015 con Serena Williams.
Ma Vogue, parafrasando una celebre citazione da un film altrettanto celebre, “non è solo una rivista, è un faro luminoso di speranza…”. Anna, infatti, non solo dava spazio alla moda, ma anche a tanti altri temi: crisi climatica, inclusione razziale, diversità, impegno politico.
E se questo non basta, a far parlare ancora di più il suo lavoro sono i soldi fatti guadagnare al gruppo Condé Nast. Secondo il Wall Street Journal, nel 2021 solo Condé Nast USA ha registrato ricavi per 2 miliardi di dollari (circa 1,7 miliardi di euro). Considerando che Vogue è una delle riviste più importanti e influenti del gruppo, possiamo dire che Anna ha contribuito non poco a quel tesoretto.
Certo, le polemiche non sono mancate: dal presunto odio per i corpi non conformi, alla famigerata copertina con Kim Kardashian e Kanye West. Ma pure lei si è dovuta arrendere all’arrivo delle celebrities e degli influencer. Prima visti come accattoni digitali, poi trasformati in una forza da tenere buona. Anna aveva capito che l’attacco dei cloni social era l’inizio di una nuova era. E se l’è giocata a modo suo, senza però snaturare il resto.
Lascia quindi un po’ di amaro la copertina del suo ultimo incarico ufficiale da direttrice: Lauren Sánchez, ora Lauren Sánchez Bezos, su Vogue in abito da sposa. Apriti cielo. Le polemiche sono piovute da ogni parte, con insinuazioni (neanche troppo velate) su un presunto assegno di Mr. B per garantire la presenza della moglie sulla rivista.
C’è anche chi dice che Anna avrebbe lasciato anche per questo. Difficile da credere. L’unica certezza è che l’Impero… della moda, cambierà.
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