Il caffè non è mai stato così bollente e presto lo sarà ancora di più. La bevanda più formale dell’universo che sdogana gli appuntamenti di qualsiasi forma, da quello con l’ex attuale al primo con l’ex futuro, presto sarà così calda da essere impossibile da toccare. La ragione è che l’innocente caffè mattutino dal punto di vista ambientale non è più sostenibile, ma forse sarebbe più corretto dire che è un disastro di proporzioni planetarie. E no, purtroppo non stiamo esagerando.
Il caffè naturalmente non si è macchiato di nessuna colpa (scusate, non sono riuscito a resistere) lo ha fatto, bensì, la nostra smisurata sete della bevanda nera che attiva le sinapsi. Pensate che ogni giorno al mondo le persone mandano giù due miliardi di tazze di caffè, ogni giorno. Una richiesta smodata e insostenibile sul lungo periodo per l'albero medio di Arabica, il quale produce da uno a due chili di caffè all’anno: questo significa che ogni bevitore di caffè che consumi almeno due tazze al giorno richiede una produzione continua da circa 20 alberi di caffè, solo per lui!
Ma questa è solo la punta del chicco, dietro all’aroma inconfondibile del caffè purtroppo si celano deforestazione di massa, paghe basse per i coltivatori, catene di approvvigionamento lunghe e per niente ecologiche in termini di emissioni di carbonio, il tutto per far fronte all’enorme domanda quotidiana di caffè mantenendone i prezzi bassi. Ma ora la situazione è arrivata a un punto di non ritorno, a fischiare la fine del tempo regolamentare per la partita del caffè per come lo conosciamo, c’è infatti un arbitro che non la manda tanto a dire: il cambiamento climatico.
A causa dei cambi di temperatura, di siccità prolungate a cui cedono il passo bombe d’acqua, circa metà dei terreni più adatti a coltivare il caffè diventerà inservibile entro il 2050. In Brasile, addirittura, secondo un approfondimento dedicato all’argomento dal Wall Street Journal, ben l’88% delle piantagioni di caffè non sarà più adatta alla scopo. Insomma, entro la metà di questo troppo caldo Ventunesimo secolo il caffè diventerà un prodotto di nicchia, difficile da coltivare e quindi estremamente costoso. La fine di una cultura?
Senz’altro, tuttavia se c’è una cosa a cui la gente non rinuncia tanto facilmente è proprio il caffè. Lo sanno bene le aziende del settore che sono giù partite alla ricerca del sostituto perfetto. Un’eresia? È il futuro signori, ci siamo mangiati tutto e il minimo che ci spetta è dover sostituire il caffè con... con cosa?
La corsa al nuovo caffè si fa in groppa agli strumenti più avanzati della biotecnologia alimentare tramite i quali si è appurato che, lavorando altre materie prime allo stesso modo dei chicchi di caffè, come i ceci o scarti agricoli come i noccioli dei datteri, il risultato in termini di gusto è molto simile. Come dichiara uno dei nuovi distributori del new coffee intervistato dal Wall Street Journal "il gusto del caffè o del cioccolato è in realtà frutto del processo utilizzato per produrli (la tostatura, ndr), di recente ho avuto la possibilità di provare una tazza di caffè fatto con semi noccioli di datteri, ed era indistinguibile da quello originale". Really?
Ma la corsa ai ripari per salvare il caffè non si limita a questo ma punta molto più in alto, più precisamente verso la Stazione spaziale internazionale. Il progetto BioNutrients presso la Divisione di Bioscienze Spaziali dell'Ames Research Center utilizza l'ingegneria genetica per creare alimenti con risorse minime, insomma la cucina ideale per gli astronauti. Ecco la ricetta: prendete delle cellule vegetali, ad esempio di caffè (q.b), fatele crescere in un bioreattore (un’apparecchiatura in grado di fornire un ambiente adeguato alla crescita di organismi biologici) alimentandole con zuccheri per qualche settimana e ne ricaverete una polvere. Insomma, un caffè definito "sintetico", sostanzialmente creato in laboratorio. Ora non vi resta che tostarla e metterla nella moka. Ed è subito buongiornissimo, ma almeno in versione caffè spaziale.
Autore: Davide Frigoli
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