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Awww! Nei parchi di Milano è arrivato il moscardino, fortunato chi lo vede

Il topolino dorato che dorme (e russa) nei parchi è segno che la natura sta tornando nella City.

Eccoci con una dose di tenerezza veramente hardcore: in mezzo al cemento, ai cantieri infiniti e agli ennesimi palazzi “di design”, qualcosa di tenero, piccolo e silenziosamente rivoluzionario sta tornando a farsi vedere (e sentire).

Stiamo parlando del moscardino.

No, non è un mollusco. È un roditore. Piccolo, morbido, pelliccia dorata, occhi grandi da cartone animato e, pare, con una discreta tendenza al russare mentre dorme acciambellato come un raviolo nel palmo di una mano. Vabbèèè. Una creatura quasi scomparsa in Pianura Padana, che oggi sta ricomparendo in diverse aree verdi attorno a Milano.

Il primo avvistamento è stato al Parco Nord. Ma poi, tracciando i suoi movimenti, sono spuntate prove della sua presenza anche a Cesano Boscone, nel bosco di Riazzolo (tra Albairate, Cisliano e Corbetta) e pure in zona Rho. Non male per un animale che di norma si fa i fatti suoi nel sottobosco.

Ma perché questa è una notizia seria (e non solo tenerella)? Perché il moscardino, cugino timido e riservato del ghiro, è una specie protetta e super esigente: se lo vedi, vuol dire che l’ambiente è sano. Parliamo di una vera e propria sentinella della biodiversità. In pratica, se c’è lui, la natura sta messa bene.

A guidare la ricerca è il team dell’Università Bicocca, capitanato da Olivia Dondina, ricercatrice del National Biodiversity Future Center. Tradotto: se questi tizi lo trovano, vuol dire che qualcosa di buono sta succedendo. Come l’hanno fatto? Con dei tubi — tipo i mini AirBnb del bosco — che simulano le cavità degli alberi: lì dentro il moscardino può passarci, rifugiarsi o costruirsi un nido. In alcuni casi ci hanno trovato proprio lui, beato e addormentato, mentre russava felice.

E rispetto allo scoiattolo americano, spaccone e influencer del bosco, il moscardino è discreto, invisibile, old school. Ma la sua presenza racconta una storia importante: che anche in città, se si fa il lavoro giusto (più verde, meno cemento, meno “residenze esclusive” che escludono tutto), la biodiversità può tornare. Certo, per ora nessuno sa quanti siano. Si stanno raccogliendo dati, analizzando il DNA (altro che test del Nonno) per capire se sono gli ultimi sopravvissuti del passato o se invece sta nascendo una nuova rete ecologica urbana.

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