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Editorial
spiaggia

Fa un gran caldo, costa tutto il triplo e non riesci nemmeno a stendere un asciugamano in spiaggia. Ha ancora senso la chiusura completa (o quasi) in agosto? Lo abbiamo chiesto al sociologo Nazareno Panichella, della Statale di Milano. E indovinate un po'...

In effetti il cambiamento climatico fa saltare un po’ tutte le consuetudini, quindi potrebbe avere ripercussioni anche sulla disposizione delle ferie”, ci spiega il professore, secondo cui piano piano le cose sono cominciate a cambiare: “Sempre più persone vanno in vacanza a settembre e a giugno, perché ci sono vincoli un po’ meno stringenti di quelli che imponevano le ferie in blocco”.

Cioè? "La nostra è un’economia sempre meno agricola e sempre meno legata a industrie di stampo fordista. Gli orari sono sempre più frammentati e, per contro, ci sono attività cui viene richiesto di non staccare mai, come quelle del terziario avanzato”.

Ad esempio?

"Le telecomunicazioni, le cui aziende devono essere in grado di rispondere in maniera sempre più flessibile".

Quindi siamo tutti d’accordo che le ferie in agosto non hanno più senso?

"Eh no. Quello che abbiamo visto fin’ora è l’aspetto economico - per il quale abbiamo detto che non ha più ragione di esistere il 'monolite agostano'. Poi però c’è l’aspetto del rituale collettivo delle ferie, che in Italia è particolarmente forte, e che ha una grande influenza sul senso di identità, unione, condivisione e appartenenza a una stessa comunità”.

E in effetti, di questi tempi, non sembrano più molte queste occasioni. 

"Agosto resta uno dei pochi momenti in cui il paese si ferma insieme. Questo crea una forma di coesione simbolica molto potente. È una pausa sincronizzata e definisce un ritmo comune”.

All’espressione “ritmo comune” saltiamo sulla sedia e ci viene subito in mente la scuola e le sue infinite vacanze estive, in merito alle quali ci siamo già espressi chiaramente. Quindi, già che abbiamo un sociologo a disposizione, gli facciamo un paio di domandine anche in merito a questo.

"Il discorso delle vacanze estive così lunghe si interseca solo marginalmente con quello delle ferie in agosto. Servivano nel mondo agricolo a lasciare i bambini liberi di lavorare nei campi d’estate ma quel modello di società non esiste più".

In effetti nessuno vuole finire dentro accusato di sfruttamento minorile… Ma soprattutto le esigenze sono cambiate. Eppure quel modello continua a imporre il suo ritmo nella società attuale. 

"E ciò non è privo di conseguenze, anzi: sono molto forti quelle sulle disuguaglianze sociali. Sono molti gli studi sulla cosiddetta 'summer loss', la perdita di competenze determinata a uno stop prolungato, che ha i suoi effetti più deleteri sulle classi sociali più deboli, in cui i ragazzi durante lo stop estivo non sono sottoposti a stimoli e pagano di più lo scotto della pausa estiva”.

Figurarsi in Italia in cui la pausa dura tre mesi!

"Eh sì, eppure le resistenze sono ancora moltissime. Bisognerebbe affrontare la questione da un punto di vista di equità sociale, perché le occasioni godute o mancate dai ragazzi in estate (anche a causa dei costi dei campi estivi) sono motivo di ulteriore stratificazione. Tanto più nelle grandi città come Milano”.

La questione è ovviamente molto complessa, ma proprio per questo periterebbe di essere affrontata. Sul serio.

 

Autrice: Daniela Faggion

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